venerdì 29 ottobre 2010

WILLIAM SOMERSET MAUGHAM - Il Mago


DOVE: tra Parigi e Skeene, solitario villaggio nella campagna inglese
QUANDO: agli inizi del ventesimo secolo

Cosa può accadere ad una felice coppia di innamorati che, per un curioso intreccio del fato, dovesse incontrare l'imponente figura di Oliver Haddo, presuntuoso e corpulento appassionato di occultismo - e forse, secondo alcune voci, dedito egli stesso a oscure pratiche magiche? E cosa accadrebbe, se questa infelice coppia avesse la disgrazia di suscitare l'ira di quest'uomo tanto inquietante? Questi i nodi attorno ai quali ruota questa oscura vicenda, nella quale la spasmodica ricerca di vendetta si intreccia alle più estreme ed inquietanti follie alchemiche, tra una Parigi romanticamente dorata dall'autunno e il placido e silenzioso verde della campagna inglese.
Un romanzo datato 1908 che mantiene, ad oltre un secolo di distanza, la capacità di farci trattenere il fiato nella più cinematografica delle suspence; una storia che parla di vendetta, di alchimia, di forza di suggestione e di oscuri ed innominabili poteri. E sullo spasmodico desiderio della specie umana di comprendere - con mezzi più o meno leciti - qual'è la scintilla che ci muove e ci alimenta, cos'è e da dove prende forma questa forza effimera ed inarrestabile che chiamiamo vita.

UN ASSAGGIO:

"Il dottor Porhoet camminava con le spalle curve, le mani dietro la schiena. Osservava la scena con gli occhi dei tanti pittori che hanno cercato di esprimere il loro senso della bellezza attraverso il giardino più affascinante di Parigi. L'erba era disseminata di foglie secche, ma il loro languido disfarsi ben poco contribuiva a conferire un tocco di naturalezza all'artificiosità dello sfondo. Gli alberi erano circondato da cespugli ben ordinati, e i cespugli, a loro volta, da aiuole ben curate. Ma gli alberi crescevano senza alcuna spontaneità, quasi fossero consapevoli dello schema decorativo che contribuivano a formare. Era autunno, e alcuni erano già spogli. Molti fiori erano appassiti. Il giardino, nella sua formalità, faceva pensare ad una donna un po' vana, non più giovane, che con la sua eleganza datata, con cipria e belletto, cercasse di celare dietro un volto intrepido la sua disperazione".

mercoledì 13 ottobre 2010

TULLIO AVOLEDO - L'elenco telefonico di Atlantide


DOVE: In una città del Nord-Est
QUANDO: nei giorni nostri

Ci sono libri che per me sono un po' una storia nella storia; come matrioske, custodiscono dentro di loro pezzetti di ricordi del tutto personali, che li rendono ancora più preziosi. Se penso a questo libro, mi viene in mente il tavolino di un Mc Donald's ed un Mc Flurry agli smarties, in una giornata di qualche anno fa nella quale avevo accompagnato quello che sarebbe diventato mio marito ad un colloquio in un'altra città. Eravamo giovani, nel pieno dei "lavori in corso" per costruire il nostro futuro - anche se poi il trasferimento non è stato necessario, e siamo potuti rimanere dove siamo. Ho atteso tutta la mattina in un centro commerciale, con la bizzarra sensazione di essere estranea a tutta la quotidianità che vedevo scorrermi intorno; e per sentirmi meno sola, sono entrata in una libreria, in cerca di qualcosa che mi aiutasse a trascorrere il tempo. E' stato così che ho conosciuto questo scrittore friulano ed il suo romanzo d'esordio, sorprendente storia che prende il via da un anonimo condominio di una città del Nord-Est, nel garage del quale cominciano ben presto ad accadere cose strane. Ed il tranquillo impiegato Giulio Rovedo, che in quel condominio vive, finisce per trovarsi invischiato in una misteriosa vicenda che, partendo da quella che sembra una semplice fusione aziendale, finisce poi per sollevare il sipario su scenari inquietantemente surreali. La sua vita finisce per esserne stravolta, sullo sfondo d'asfalto di una città che continua a correre sui suoi binari, indifferente a quanto accade ai suoi piccoli, insignificanti abitanti.
E quando pare che un colpo di scena riveli finalmente la chiave di tutto, come un violento colpo di vento giunge l'inaspettato finale, che di nuovo muta davanti ai suoi occhi le prospettive.
E' un libro che cattura e scorre via veloce, una pagina dopo l'altra, a patto che si amino le storie in cui la fantascienza più pura affonda le sue radici in una quotidianità assonnata ma frenetica; perfetto per evadere da quattro o cinque ore di attesa, nell'aria viziata di un centro commerciale.

UN ASSAGGIO:

"Il ristorante cinese ' Grande Muraglia' è arredato in uno stile a metà tra l'Ultimo Imperatore e un bar di periferia; cosa, quest'ultima, che corrisponde effettivamente alla precedente incarnazione del locale, tant'è che non di rado qualche ubriaco, durante un personale ed interiore viaggio nel tempo, oltrepassa senza farci caso i draghi di gesso a fianco della porta, si avvicina al bancone e, anche se un po' sconcertato dal taglio degli occhi del barista, ordina una grappa, trasecolando definitivamente alla domanda:'Grappa alle rose o al ginseng?'"

ANONIMO - Sweeney Todd, Il diabolico barbiere di Fleet street



DOVE: Londra
QUANDO: 1785

Solitamente, quando il cinema propone la trasposizione di un libro che non ho ancora letto, preferisco sempre cominciare con quest'ultimo; adorando infatti l'incantesimo della carta scritta, preferisco lasciare libero sfogo alla mia fantasia nel costruire scenari e personaggi, anzichè farmi influenzare dalle scelte di un regista. Mi rendo conto che questo può sconvolgere gli appassionati del grande schermo, ma ammetto senza vergogna di non aver visto ancora la versione cinematografica che Tim Burton ha proposto per il diabolico barbiere. In compenso, ho divorato in pochi giorni il romanzo, probabilmente risorto agli onori della stampa anche grazie al film (anzi, consiglio di leggere la piccola ma curata postfazione nella quale, oltre ai doverosi accenni alla cronaca reale si traccia una breve ma curiosa storia della vita "letteraria" di questo inquietante personaggio).
Siamo alla fine del Settecento, in una Londra cupa e malsana, nella quale la miseria spinge spesso ad accettare qualsiasi lavoro, purchè questo garantisca un tetto sulla testa ed un pasto caldo e i manicomi finiscono spesso per essere la via più comoda per eliminare dalla propria vita le presenze "fastidiose". Proprio qui, nella calma apparente di Fleet Street, a due passi dal chiassoso Temple e dai suoi avvocati, sorge una piccola bottega di barbiere, la cui vetrina promette un'accurata rasatura per un penny. Peccato che lo sgraziato proprietario pare abbia l'abitudine di far sparire i malcapitati clienti che si fossero trovati a transitare sulla sua sedia con qualche avere di troppo. Intorno alla sua spaventosa figura si intrecciano le vicende della giovane e coraggiosa Johanna Oakley, decisa a scoprire cosa ne è stato del suo spasimante, misteriosamente scomparso assieme alla collana di perle che avrebbe dovuto regalarle, e di Tobias Ragg, malcapitato garzone che si trova ben presto avvinto dalle minacce del barbiere al suo terribile segreto.
Ma qual'è, questo segreto, e cosa ha a che fare con la popolarissima taverna della signora Lovett, e con le austere volute della cripta della chiesa di St. Dunstan? Pagina dopo pagina, tra colpi di scena, sparizioni, macabri ritrovamenti, ingegnosi tranelli e la più autentica suspence, tiriamo infine il fiato sull'attesa (non senza qualche sorpresa) conclusione.
Una storia capace di dare ancora qualche brivido, anche a noi "moderni", ormai avvezzi ai più cruenti scenari di cronaca.

UN ASSAGGIO:

"Silenzio! Arriva qualcuno; è il vecchio Grant, del Temple. Come va, signor Grant? Mi fa piacere vedervi così in forma. Rallegra vedere un gentiluomo della vostra età con un aspetto così fresco e sano. Sedetevi, signore; giratevi un po' da questa parte, se permettete. Rasatura, suppongo?"
"Sì, Todd, sì. Novità?"
"No, signore, niente di emozionante. Tutto è molto tranquillo, signore, eccetto il forte vento. Hanno detto che ha soffiato via il cappello al re, ieri, signore, e lui ha preso in prestito quello di Lord North. Anche il commercio va a rilento, signore. Penso che con questa pioviggine la gente non abbia voglia di uscire per farsi pulire e rivestire. Nella mia bottega non entra nessuno da un'ora e mezza."
"No signore" disse Tobias "avete dimenticato quel marinaio con il cane, signore."
"Ah, certo!" disse Todd "Se n'è andato, e l'ho visto ficcarsi in qualche vicolo dalle parti del mercato."
"Mi meraviglio di non averlo incontrato, signore", disse Tobias "perchè venivo proprio da quella direzione; e poi sarebbe stato proprio stupido a lasciarsi dietro il cane."
"Sì, molto", disse Todd. "Potete scusarmi un momento, signor Grant? Tobias, ragazzo mio, voglio solo che tu mi dia una mano un momento sul retro."
Tobias seguì Todd senza diffidenza nel retrobottega; ma quando vi entrarono e la porta venne richiusa, il barbiere balzò su di lui come una tigre arrabbiata e, afferrandolo per la gola, gli sbattè la testa contro le pareti di legno così tante volte che il signor Grant dovette pensare che ci fosse un carpentiere al lavoro; poi il barbiere prese il garzone per i capelli e lo fece roteare su sè stesso, colpendolo con un calcio talmente forte da farlo finire disteso in un angolo della stanza. Dopo di che, senza dire una parola, il barbiere tornò dal suo cliente e sprangò la porta del retro, lasciando Tobias a digerire con comodo e nel modo migliore il trattamento che aveva ricevuto.
Quando tornò dal signor Grant, si scusò per averlo fatto aspettare dicendo: "Era necessario, signore, insegnare al mio nuovo apprendista un po' del suo lavoro. Ora l'ho lasciato là a studiare. La cosa migliore, con i giovani, è spiegargli le cose una volta per tutte."