domenica 16 dicembre 2012

EVA RICE - L'arte perduta di mantenere i segreti

DOVE: Londra e i suoi dintorni rurali
QUANDO: a cavallo tra il 1954 e il 1955.

Ecco uno di quei libri che sono in grado di incantare i sensi. Di quelli che, quando chiudi l'ultima pagina, hai ancora sulla pelle il vento pungente dell'inverno londinese, nel naso l'odore delle sigarette e dei profumi costosi che evaporano nel chiuso dei locali piu' chic, aleggiando sopra il chiacchiericcio delle testoline leggere di adolescenti viziatissime, dal rossetto sgargiante e una preoccupante propensione per l'alcol e la superficialità. Ma soprattutto, è un libro che si muove a suon di musica. Quella zuccherosa e melodica di Johnny Ray, di cui le due giovani protagoniste sono pazzamente innamorate come solo due diciottenni sanno essere, e della sua The Little White Cloud That Cried, o quella sensuale, pepata, energica di un ancora sconosciuto (perlomeno in Europa) Elvis Presley in Mistery Train, che incanta con il suo ritmo infuocato il fratello della protagonista, trascinandolo nella spira del piu' puro rock and roll.
Ma andiamo con ordine..
Siamo nel dopoguerra, quando quasi con stupore le famiglie della Londra "bene" riprendono la loro vita scintillante sotto l'occhio vigile dei rotocalchi; ed è qui, in un freddo pomeriggio di metà novembre, che la giovane ed un tantino impacciata Penelope Wallace s'imbatte in Charlotte, anticonvenzionale, disinvoltamente bella, eccentrica, che le apre improvvisamente le porte di quel mondo. Con lei, il suo ammaliante cugino Harry - apprendista mago - e la bellissima e caotica zia Claire, Penelope addenta con piacere tutto cio' che la città puo' offrirle; perchè lei e il fratello Inigo, confinati nella cadente Milton Magna Hall, mastodontica dimora di origine medievale che cade a pezzi, nel silenzio della campagna inglese, sotto il peso dei debiti, fino ad allora avevano poco più che sognare ad occhi aperti l'America davanti al giradischi. La mamma Talitha, bellissima trentacinquenne resa vedova dalla guerra, fatica a risollevarsi dalla perdita del marito e lascia infatti languire lentamente attorno a se' la casa, mentre i due figli adolescenti, affamati di vita, d'amore e di successo, tentano in tutti i modi di reagire a quella muta decadenza.
E quando Harry chiede aiuto a Penelope per fare ingelosire la bellissima e capricciosa Marina Hamilton, protagonista della stampa mondana nonche' sua ex, gli ingranaggi di qualcosa che cambierà le loro vite si mettono in  moto.....
Delizioso, scorrevole, poetico viaggio negli anni Cinquanta che trovo ottimamente sintetizzato nel commento - riportato sul retro di copertina - di Cosmopolitan:

Se Jane Austen fosse ancora in circolazioone, scriverebbe libri come questo. Eva Rice serve ai lettori un trancio di letteratura vintage così delizioso che vien voglia di mangiarlo in un boccone!

Ok, di solito non amo riportare gli altrui commenti nelle mie recensioni; e forse tirare in ballo la zia Jane e' un tantino azzardato... ma l'occasione di tuffarsi in un ambiente così particolare è forse unica, e pare quasi di sentir scricchiolare il pavimento di Milton Magna Hall sotto i nostri passi, mentre fuori fiocca la neve...

UN ASSAGGIO:

"Alle cinque del mattino Inigo dichiaro' di avere una voglia terribile di uova alla coque; ma le lasciammo nell'acqua troppo a lungo, mentre Harry ci mostrava il trucco del cucchiaio che spariva, e alla fine diventarono sode. Le sgusciammo (operazione difficile visto che tutti avevamo bevuto come non mai) e le intingemmo nella saliera; io tagliai delle irregolari fette di pane e le imburrai in un modo che Mary avrebbe definito generoso. Charlotte ci preparo'  del caffe' forte, ben zuccherato, e Harry mi colpì versando nella tazza quello che restava del suo brandy con un sospiro di disperazione.
Poi ci infilammo gli stivali e facemmo scricchiolare la neve sotto i piedi fino a raggiungere la panca davanti allo stagno delle anatre, armati di plaid e sciarpe.
"Che meraviglia di posto in cui vivere!" continuava a dire Charlotte. "Chi si rintana nella casa in fondo al viale? Ci siamo passati venendo qui".
"La Dower House? E' li che abitavamo durante la guerra. Quando siamo tornati a Magna, ci perdevamo in continuazione." disse Inigo. "La casa non e' piccola, ma quando sei lì puoi sentire chiunque ti chiami ad alta voce. Nell'East Wing di Magna siamo praticamente ad un altro fuso orario."
Charlotte ridacchio'- "Abbiamo passato gran parte della guerra nell'Essex, dalla mia prozia. Noi non vedevamo l'ora di tornare a Londra. La' tutto ci sembrava maledettamente eccitante, e invece eravamo segregati nel mezzo del nulla."
Mi dichiarai d'accordo.
"Mi sentivo frodata. Zia Claire se ne stava in città, e per quanto ne sapevo si divertiva un mondo. Faceva sempre colazione da Fortnum's con i calcinacci che le cadevano in testa. Diceva che la guerra era inebriante."





sabato 15 dicembre 2012

SUSAN PALWICK - Anime in volo

DOVE: Winsconsin, USA
QUANDO: ai giorni nostri

Una storia toccante e poetica quella che descrive la Palwick, trasportandoci - è il caso di dire - in volo nella provincia americana, quella delle piccole casette senza staccionata, delle spensierate gite in riva al lago, delle scuole con gli armadietti di metallo e la combinazione da tenere a mente. Qui vive Emma, adolescente timida ed impacciata, il cui infagottarsi dentro enormi felpe informi ed essere scostante verso le innocenti civetterie delle sue coetanee nasconde, forse, qualcosa di più di un'indole fortemente introversa. Anche se, agli occhi della comunità, la sua è una famiglia esemplare: il padre è un medico stimato, la madre una donna affascinante e colta. Certo, una famiglia segnata dalla perdita della primogenita Ginny, graziosa e prediletta dalla mamma, ma pur sempre una famiglia rispettabile.
Eppure, proprio nella perfezione di quel quadretto made in USA, si annida la piu' tremenda delle abiezioni umane; lo sa bene la piccola Emma, che ogni sera nel letto attende con cuore in gola la "visita" del padre, divisa tra la rabbia contro cecità della madre e quella contro il proprio corpo, reo di attirare verso la sua cameretta di bambina la bestia nera nascosta dietro l'aria sorridente ed affabile dello stimatissimo chirurgo. Ne' l'amicizia sincera di Jane, ne' l'affetto indagatorio della sua insegnante riescono a scalfire il muro che Emma ha costruito attorno a se'; l'unica via di fuga che la ragazza trova nella sua disperazione e' in quella capacità di allontanarsi dal proprio corpo, in quei terribili momenti, nell'attesa che tutto finisca. Ed e' proprio durante queste esperienze extracorporee che Emma incontra, sul soffitto della sua cameretta, l'odiatissima Ginny, la defunta sorella perfetta il cui paragone per lei è costante fonte di frustrazione, Ginny che era così brava, dolce e graziosa, mentre lei e' una piccola, goffa ed imbranata creatura. Ma quando con il tempo la loro amicizia cresce, Emma finisce per conoscere meglio quella ragazzina esile, così diversa da lei eppure così vicina, quella sconosciuta svanita nel nulla quando lei ancora non era venuta al mondo e che pero' ha con la sua esistenza molto più in comune di quanto non sembri.. Perchè anche la sorridente, leggiadra, graziosa Ginny ha avuto una vita tutt'altro che felice.....


UN ASSAGGIO:

"Si allontano' le mani dalla bocca: ' sei cattiva!' Esclamo' con voce rotta. Scoppio' a piangere, e lacrime rilucenti le scorrevano lungo le guance da Biancaneve.
'Hai ragione. Devo essere cattiva con qualcuno, e mi sei capitata tu sotto tiro. Tu non esisti nemmeno.'
Ginny si raggomitolo' di nuovo e prese a dondolare.
'Non è vero! Esisto come te!Anche se non ricordo nulla!'
'Invece no, sei morta. Comunque adoro essere cattiva. E lo saro' ancora di più, visto che sono viva e tu no. Sapevi che per due settimane dopo la mia nascita la mamma si e' rifiutata di prendermi in braccio perche' non ero te? Me l'ha confessato una volta. Io non me lo ricordavo, e' stata lei a dirmelo. Il quarto sabato del mese porta i fiori sulla tua tomba, con qualunque tempo, anche con venti gradi sotto zero, anzi, soprattutto quando fa freddo, perchè sei morta a gennaio. Nella tua stanza non entra, ma al cimitero ci va ogni mese. Figurati. E trascina anche me, per raccontarmi in continuazione episodi della tua vita, nella speranza che finisca per assomigliarti...'
'Ma se mi assomigliassi saresti morta' commento' Ginny, asciugandosi il viso con il dorso della mano. Le sue dita sottili tremavano come ramoscelli scossi da un vento gelido. 'La mamma non vorrebbe. Ne sono sicura.'
'Io no. Se morissi potrebbe illudersi che ero bella. Tu non sei bella come pensa lei, lo sai? Sembri uno stecchino,'
'Lo so.' si limito' a rispondere, e anche se la odiavo provai vergogna.Era carina davvero come nella foto; era così magra solo perchè prima di morire era stata molto male; aveva lottato con la polmonite per settimane mentre la mamma piangeva al suo capezzale e mio padre, l'onnipotente medico, incapace di salvarla, imprecava. Conoscevo a memoria quella storia."

venerdì 7 dicembre 2012

UNA MAGICA NEVICATA di DONI su "La Locanda dei Libri" ^_^

... Il Natale si avvicina... e perchè, tra un viaggio e l'altro, non dedicare un po' di spazio alla bellissima iniziativa del blog La Locanda dei Libri, dedicata a chi ama scrivere?




 L'occasione è davvero ghiotta.... naturalmente rimando al loro sito per tutte le info dettagliate, ma il succo è: tirate fuori dai cassetti i vostri sogni, o voi aspiranti scrittori!! Basta un racconto (max 10 pagine Word) dedicato al Natale per poter ricevere sotto l'albero uno dei 4 pacchi dono messi in palio dal blog, pacchi che - manco a dirlo - contengono libri.

E non solo; tutti i racconti inviati verranno raccolti in un e-book scaricabile direttamente dal blog stesso.. una sorta di piccola "vetrina" per tutti, vincitori e non ^_^

Per quanto mi riguarda, divulgo con doppio piacere questa iniziativa, non soltanto perchè amo scrivere, ma perchè ho il piacere di comunicare che uno dei pacchetti conterrà, tra gli altri, anche il mio libro!! E devo dire che è una bella emozione immaginare che sarà li' impacchettato insieme ad altri due "compagni di viaggio", in attesa di partire alla volta del fortunato vincitore (nello specifico, quello che si aggiudicherà il secondo premio!!)..

Ultimo, importantissimo dettaglio: la scadenza per l'invio dei racconti e' il 19 dicembre, percio' affrettatevi!!

Percio', in bocca al lupo a tutti i partecipanti, e come sempre, mi auguro che la mia favoletta piacera' a chi se la trovera' tra le mani!!!


martedì 4 dicembre 2012

MARGHERITA OGGERO - La collega tatuata

DOVE: Torino
QUANDO: in un autunno contemporaneo

Autunno cittadino. Vento pungente, luci dei lampioni che si riflettono giallognole sull'asfalto lucido, traffico congestionato, frotte di adolescenti imbacuccati nel look d'ordinanza che attraversano diretti tutto sommato con incedere allegro verso scuola. Ecco, una comune scuola di un qualsiasi quartiere  di una qualsiasi città, è lì che tutto comincia. Siamo all'inizio dell'anno scolastico quando l'affascinante Bianca De Lenchantin - impeccabile, tornita, un tantino snob - entra a far parte del corpo docente del Fibonacci suscitando una punta d'invidia nelle sue male assortite colleghe. Come la quarantenne caotica, acuta, ironica ed imperfetta che fa da voce narrante alla storia e che, trovatasi casualmente a sedere accanto alla nuova collega di francese durante una noiosa riunione di inizio anno, non puo' che provare istintivamente antipatia verso di lei, tantopiù che si sospetta sia stata l'avvelenatrice di Flick, l'amatissimo cane della sua amica Gina, il quale - ahime' - aveva pero' la poco apprezzabile abitudine di ficcare naso, muso e tutto il resto nei giardini altrui.
Quando pero' la biondissima De Lenchantin scompare nel nulla per essere poi rinvenuta cadavere, tutto cambia. Perchè la nostra brillante protagonista, a metà tra Jessica Fletcher e Bridget Jones, non puo' non provare un moto di umana pietà verso una vita spezzata. E decide - complice un fascinoso agente di polizia, ed alcuni indizzi stuzzicanti capitatili tra le mani per puro caso - di mettersi ad indagare. Chi ha potuto far del male alla collega bella e perfetta? E cosa significa quel piccolo tatuaggio intravisto appena sopra il polso della vittima, così fuori luogo in una donna tanto chic ed elegante?
Con una scrittura che scivola giu' deliziosa come una cioccolata calda, un romanzo da gustare in un pomeriggio grigio, piovoso e musone come questo. ( e non mi dilungo più di così, trattandosi di un giallo....^_^ .. Buona lettura!!)


UN ASSAGGIO:

"Lunedi 13 ottobre aveva grandinato casini e scocciature. Il lunedì e' sempre un giorno maligno, gli allievi son tutti sbadiglianti e io pure, ma loro arrivano anche col contagocce - due alle otto e dieci, tre alle otto e un quarto, uno alle otto e venti: io ho perso il pullman, a me non è suonata la sveglia, il motorino non partiva o anche niente del tutto come giustificazione - e io ogni volra a ripetere che la scuola non è un  bar che la puntualità è rispetto del prossimo eccetera, poi è ovvio che non si puo' interrogare, la dispensa dalle interrogazioni il lunedi' è un diritto acquisito e chi lo nega è come minimo fascista. Per non calar del tutto le braghe facendogli fare i cosiddetti esercizi di comprensione dei testi - cioe' scopiazzature malcucite inframezzate da resoconti dettagliati e non sommessi sui trascorsi della domenica - non resta che spiegare l'impianto della Vita Nuova o i legami fra la tradizione epico-cavalleresca e il Furioso o quel che tocca, sperando che, verso le nove, nove e mezzo, qualcuno ti faccia una domanda pertinente e non apra la bocca solo per dirti che va al cesso.


venerdì 30 novembre 2012

LYMAN FRANK BAUM - Il Mago di Oz

DOVE: in un mondo favoloso dove si scontrano Bene e Male
QUANDO: fine dell'800.

Chi di noi non ha ben presente in testa il film musicale del 1939? Quello, per intenderci, con una Dorothy attempatella ed un leone che oggi sarebbe stato frutto della realtà virtuale, anzichè ore e ore di sapiente make-up. Ammetto di conoscerlo a memoria; eppure, solo nelle ultime settimane, ho per la prima volta preso tra le mani la versione originale, il classico che Lyman Frank Baum (nato alla metà dell'Ottocento da una famiglia che aveva fatto una discreta fortuna grazie ai pozzi petroliferi, e morto povero in canna una sessantina d'anni dopo, dopo aver dissipato le fortune paterne dedicandosi con scarso successo alle attività più disparate, dall'avicoltore al direttore di teatri al venditore di porcellane porta a porta) diede alle stampe nel 1900.

La trama, immagino, è presto detta: la piccola Dorothy che vive con gli amatissimi zii e il sanguigno cagnetto Toto in una solitaria fattoria nella silenziosa vastità del Kansas, il tornado che la solleva e la depone in una terra sconosciuta, popolata di bizzarri abitanti, l'amicizia con lo Spaventapasseri, l'Uomo di Latta e il Leone Codardo, il loro viaggio fiducioso lungo la strada lastricata di mattoni gialli alla ricerca dell grande e potente Oz, il mago che saprà dare loro cio' che cercano. E poi la perfida strega dell'Ovest, che tenta in tutti i modi di ostacolarli, e che i quattro dovranno affrontare se vorranno ottenere quanto richiesto: un cervello, un cuore, il coraggio ed il viaggio di ritorno alla volta del Kansas.
Ma perchè proporre una storia un tantino demodè - e certamente più "cruda" delle storie che siamo abituati a raccontare oggi ai nostri bimbi: qui si fanno saltare teste ai lupi senza tanti complimenti! ^_^ - quando la letteratura per l'infanzia propone già tante storie più moderne? Io stessa, dopotutto, ho pubblicato una favola; eppure penso che il messaggio di Baum sia ancora estremamente attuale, se vogliamo ascoltarlo; ed un po' come ho fatto a suo tempo per Cuore, anche stavolta voglio dedicare spazio ad un classico forse un tantino dimenticato...
< ATTENZIONE: SPOILER!! la storia, immagino, sia ben nota, eppure vi avviso che  nelle prossime righe verranno anticipati dettagli della trama che potrebbero togliere la sorpresa a chi non dovesse conoscerla...>
Dorothy è una bambina sola, con un desiderio, così come i suoi tre bizzarri compagni di viaggio desiderano qualcosa con tutta l'anima; e s'incamminano in un lungo, lunghissimo viaggio verso colui che puo' aiutarli. Un mago, anzi, il Grande e Potente mago che tutto sa e tutto puo' e verso il quale i piccoli Munchkin guardano con devozione ed indirizzano i quattro viaggiatori. Facile come bere un bicchier d'acqua, no? A chi non piacerebbe, avere qualcuno che possa esaudire qualsiasi desiderio? E va bene, la stradina lastricata di mattoni gialli non e' poi tutta rose e fiori, ci sono minacce e pericoli da affrontare, ma chi non lo farebbe, se sapesse che dall'altro capo c'è qualcuno in grado di realizzare un sogno?
Ma l'amara sorpresa è che Oz, tutt'altro che un mago grande e potente, non è che un ometto timido e spaventato, abbastanza ingegnoso da architettare una serie di trucchi in grado di camuffare la sua vera identita ai fiduciosi Munchkin, e che si serve di Dorothy e dei suoi tre amici per sbaragliare l'ultimo ostacolo alla sua libertà, la Perfida Strega dell'Ovest che già una volta l'ha sconfitto confinandolo nella Torre di Smeraldo. Che sarà pure di smeraldo, ma è pur sempre una fragile soluzione per chi teme continuamente un nuovo attacco dall'Ovest. Così, sgominata non senza rischi l'acerrima nemica, il piccolo Oz si trova davanti i quattro, arrabbiati, delusi dal dover attendere ancora per avere cio' che hanno richiesto, insistenti. E mentre l'ingegnoso ometto trova una scappatoia dall'ingarbugliata questione, ci rendiamo conto che tutto cio' che cercavano già lo avevano dentro di loro, in un bozzolo che aspettava solo di venire dischiuso. E a ben guardare, durante le lunghe e pericolose avventure che rafforzano la loro amicizia, quel bozzolo s'infrange mostrando ai lettori che in realtà ciascuno è in cerca di qualcosa che possiede; ed è così che nelle lacrime di dolore dell'Uomo di Latta, nell'ostinata testardaggine con cui il Leone prigioniero si rifiuta di cedere alla perfida strega, nelle acute, lucide soluzioni che lo Spaventapasseri propone nel momento del pericolo ci appare chiaro che un Cuore, il Coraggio, il Cervello li hanno già trovati prima ancora di arrivare. Che non è il traguardo, ma il viaggio a farci crescere, migliorare, a farci trovare cio' che ci manca; ma con gli occhi fissi alla meta, possiamo perdere di vista cio' che troviamo lungo la strada. O ancora peggio, con lo sguardo fisso avanti a chi crediamo possa aiutarci, perdiamo di vista noi stessi, cio' che possiamo fare, cio' che abbiamo fatto e di cui dobbiamo essere orgogliosi.
E se la vita ci mette davanti a delle difficoltà, dobbiamo tenere a mente che sono proprio quelle che tireranno fuori dal nascondiglio più profondo della nostra anima le risorse necessarie per affrontarle.

In un'epoca di scorciatoie, "pappardelle pronte" su vassoi d'argento, perdita di valori, non mi pare poco.


UN ASSAGGIO:

"Mentre parlavano, i tre avevano continuato a inoltrarsi nella foresta. La strada era sempre lastricata di pietre gialle, ma sopra c'erano caduti tanti di quei rami secchi e foglie che a camminarci sopra si faceva una gran fatica.
C'erano pochi uccelli in quel posto buio e intricato, non si udivano ne' canti ne' trilli ma, di tanto in tanto, dal folto si alzava il cupo brontolio di qualche animale feroce. Ogni volta Dorothy sussultava con il cuore in gola e Toto, a coda bassa, le trotterellava alle calcagna, spaventato pure lui.
'Quanto tempo ci vorrà prima di uscire da questa foresta? ' Chiese al Taglialegna di Latta.
'Beh, non saprei. Non sono mai stato alla Città di Smeraldo, ma mio padre una volta ci ando', da giovane, e raccontava sempre che era stato un viaggio lungo e pieno di pericoli attraverso un territorio ostile; solo nelle vicinanze della città la campagna diventa di nuovo fertile e bella. Io, comunque, non ho paura, con il mio oliatore a portata di mano. Quanto allo Spaventapasseri, nessuno puo' fargli del male, imbottito di paglia com'è, e tu, per proteggerti, hai il segno del bacio della Strega Buona del Nord. Tutto a posto, no?'
'Già! E Toto?' strillo' Dorothy 'Chi proteggera' il mio Toto?'
'In caso di pericolo, ci penseremo noi, tutti insieme' Disse il Taglialegna di Latta.
Non aveva finito di pronunciare l'ultima parola che dalla foresta si alzo' un terribile ruggito e un istante dopo un leone enorme balzo' in mezzo alla strada. Con un colpo di zampa fece volare lo Spaventapasseri sul ciglio della strada poi, con i suoi possenti artigli, cerco' di colpire il Taglialegna di Latta. Ma, con sua grande sorpresa, gli artigli scivolarono sul metallo e l'unico risultato che ottenne fu di far cadere a terra l'ometto.
Il piccolo Toto, trovandosi davanti a un nemico in carne e ossa e non a una voce soltanto, ignota e terrificante, riacquisto' tutto il suo coraggio e abbaiando a più non posso si lancio' contro il leone, che subito spalanco' una bocca grande come un forno per divorarlo. Dorothy nel vedere che il suo amato cagnolino stava per fare una gran brutta fine, senza badare al pericolo si precipito' sul leone e lo schiaffeggio' sul muso con tutte le sue forze, gridando:
'Non osare di toccare Toto, lo sai? Vergognati, grande e grosso come sei, cercare di mordere un cagnolino!'
'Ma io non l'ho morso..' Borbotto' il leone, strofinandosi il muso là dove Dorothy lo aveva colpito.
'No, pero' ci hai provato. Sei un gran vigliacco, ecco.'
'Lo so' sospiro' il leone, chinando la testa vergognoso. L'ho sempre saputo, ma cosa posso farci?'"




martedì 13 novembre 2012

Con mille scuse per il ritardo.. parliamo di SWAP!!

Meglio tardi che mai, potrei banalmente dire.... ma d'altronde me lo sarei dovuto aspettare, quando ho scelto di partecipare al mio primissimo swap proprio nel pieno del trasloco, quando gli scatoloni si accumulavano dalla mattina alla sera con la stessa rapidità con la quale gli oggetti "sparivano" dalle mensole. Un lavoro immane, chi c'è passato lo sa; in ogni caso, è andata. E dalla mia nuova casa, finalmente connessa via ADSL, posso - con un ritardo mostruoso!! - finalmente ringraziare di cuore La Locanda Dei Libri e la sua "locandiera" Clody per aver organizzato il tutto... (scusandomi ancora per non essere riuscita prima di adesso a dare un mio segno di vita ^_^).

La mia abbinata è stata davvero una persona speciale; in primis, perchè è un'artista (anzi, sbirciate subito qui, qui e qui i suoi blog per farvene un'idea!); e poi perchè vive in un paese a me molto caro, per questioni affettive e di ricordi d'infanzia. Il Destino, dunque, ha voluto metterci lo zampino; ed è con grande piacere che, aprendo il pacchettino, ho trovato tutto cio' che vedete:


Il libro da lei scelto è davvero molto singolare, e cerchero' al più presto di dedicargli un post; posso dire pero' che, per lo stile arguto, il linguaggio deliziosamente "vintage", la semplicità di stile lo trovo azzeccatissimo. Da un'artista, non ci si puo' certo aspettare la banalità ^_^. Grazioso e piacevole, così come piacevole è stato ricevere una cartolina con l'immagine del mio poeta preferito ed un quadernetto dedicato ai "desideri", il che per una scrittrice nonchè grafomane come me è un invito a nozze. Come a dire, "Maccaroni, m'avete provocato...."^_^
E, per finire, assieme ad una lettera (che bellezza riscoprire il piacere di aprire la busta e trovare un foglio manoscritto, carta e penna come ai vecchi tempi!!!), una sua piccola creazione,  bellissima anche nel significato: l'innaffiatoio magico...

Alla cara Cristina posso solo dire che il suo piccolo annaffiatoio sta facendo il suo dovere; negli ultimi mesi si sono susseguiti tanti cambiamenti nella mia vita, quanti forse prima d'ora avevo accumulato solo nel corso di anni.
Un grazie di cuore a lei per il suo pensiero, e di nuovo a Clody che ha voluto organizzare lo swap per darci l'occasione di conoscere meglio gli altri "naviganti" dei blog letterari ^_^


domenica 11 novembre 2012

ANNE BRONTE - Agnes Grey

DOVE: Nord dell'Inghilterra
QUANDO: metà del Diciannovesimo Secolo.

Anne, la piccolina di casa Bronte, si cimenta anch'essa con la letteratura; e seppure forse di minor impatto emotivo rispetto a Cime Tempestose e Jane Eyre, capolavori delle sue sorelle maggiori, ho comunque gradito molto questo breve viaggio nella sempre piacevole Inghilterra Vittoriana, dove nel verde della campagna inglese la giovane Agnes Grey decide di rimboccarsi le maniche e prendere in mano la sua vita. La sua famiglia, un tempo benestante, cade in disgrazia dopo che il padre, con qualche leggerezza, si affida ad investimenti quantomeno traballanti e la giovane Agnes, lasciata con gran dolore i genitori e la sorella Mary, sceglie quella che per molte delle sue contemporanee era la via più semplice verso l'indipendenza economica: diventare una governante. Così come la tenace Miss Giddens de Il Giro di Vite, o la colta e brillante Jane Eyre dell'omonimo romanzo di Charlotte. Peccato che, rispetto a queste ultime, il destino di Agnes si riveli ben più arduo; i giovani pupilli a lei assegnati dalle due famiglie presso le quali si trova a prestare servizio, infatti, si rivelano ben presto indisciplinati e viziati fino alla malvagità. Ben diversi, quindi, dalla dolce e boccolosa Adele, cui dedica le sue attenzioni Jane, e dai seppur tormentati Miles e Flora affidati alle cure di Miss Giddens, per i quali l'ambiguità di carattere e le piccole malvagità possono trovare una seppur magra giustificazione nell'essere prodotte sotto l'impulso di una qualche entità sovrannaturale. Perchè quello contro cui combatte Agnes, è quanto di più tristemente concreto possa esistere: la ricchezza che genera spesso indolenza, disinteresse verso i figli, incapacità di apprezzare il bello. Eppure lei, tenacemente, procede dritta verso la sua strada, dispensando consigli, forte dell'esempio della propria famiglia lontana eppure sempre viva nel suo cuore, e della tenera amicizia con il signor Weston, giovane curato dalla mente brillante e dai saldi valori. Intorno a lei, la natura, le lunghe, silenziose passeggiate lungo strade sterrate di campagna al seguito delle capricciose damigelle che invano tenta di educare alla moderazione, alla semplicità, all'amore verso il prossimo, le austere dimore di famiglia, tanto lussuose quanto fredde, circondate da parchi dalla bellezza sfolgorante che pero' non aiutano la piccola Agnes a rimpiangere meno la sua piccola, modesta eppure calda casa d'infanzia.

UN ASSAGGIO:

"Il terzo mattino dopo il ritorno da Parco Ashby mi svegliai presto: il sole filtrava attraverso le imposte e pregustai il piacere di attraversare la città silenziosa e di raggiungere la spiaggia deserta, mentre metà del mondo ancora dormiva. La decisione non fu lunga, nè l'esecuzione lenta. Naturalmente non volevo disturbare mia madre, così scesi le scale senza far rumore, aprii la porta cautamente e mi ritrovai in strada mentre l'orologio della chiesa batteva le cinque e tre quarti. Dalle stesse strade sentivo sprigionarsi un senso di freschezza e vigore; poi, districatami dalla città, posai i piedi sulla sabbia e guardai l'ampia baia luminosa che mi si stendeva davanti: non ho parole per descrivere l'intenso, limpido azzurro di mare e cielo, la luce del sole del mattino, splendente sulla curva barriera di rocce scoscese sormontata da tumide verdi colline, sulla distesa di sabbia bianca, sui bassi scogli affioranti che il manto di muschio e alghe rendeva simili a piccole isole erbose, e soprattutto, sull'intenso sfavillio delle onde. E poi l'indicibile fragrante purezza dell'aria! Calda quanto bastava a rendere gradevole la brezza, sufficientemente ventilata per mantenere un fremito sull'intera distesa del mare e sospingere le onde impetuose fin sulla riva con uno scintillio di spuma, come pazze di gioia."


venerdì 9 novembre 2012

MAHBOD SERAJI -Le notti di Teheran

DOVE: Teheran, Iran
QUANDO: a cavallo tra il 1973 e il 1974

Una poetica immersione nelle tiepide notti stellate del Medio Oriente, dove per ritemprarsi dopo le afose e secche giornate estive Pasha e il suo migliore amico Ahmed, diciassettenni pieni di sogni e di vita, hanno l'abitudine di incontrarsi sul tetto della casa di Pasha. E lì, tra una sigaretta fumata di nascosto, sotto la luce ambrata dei lampioni che scivola sul vicolo deserto sotto di loro, si scambiano sogni, battute, si confidano i primi, timidi amori. Come quello impetuoso di Ahmed per Faheemeh, o quello timido, silenzioso, devoto di Pasha per la bella vicina di casa Zari. Ma siamo nell'Iran del 1973, e quelle stelle che punteggiano il cielo estivo così brillanti e numerose assistono con impotenza ai primi rigurgiti di una rivoluzione che, di lì a poco, avrebbe rovesciato lo Scià e che finirà per travolgere, tra repressioni, vendette, perquisizioni, arresti, anche i quattro giovani e la loro voglia di essere giovani, di amare, di essere felici. E, attraverso lo sguardo dolcemente innocente di Pasha, voce narrante scelta da Seraji per aprirci la porta della quotidianità di chi vive nel terrore di una visita a sorpresa della Savak, la temibile polizia dello Scià, scivoliamo come spettatori silenziosi su quei tetti accarezzati dalla luna, dove si sussurrano brani di Hafiz e Kayyam, si sorseggiano confortanti tazze di tè bollenti, si sospira e ci si ama. Sì, perchè ci si puo' amare malgrado tutto, malgrado la violenza che scoppia come un petardo nei vicoli della città millenaria, perfino davanti al portone di casa, in una notte di perquisizioni. E, soprattutto, si puo' continuare a credere nei valori- l'amore, l'amicizia, il coraggio, la lealtà - anche quando "i grandi" sembano mostrare che ciò che conta è piuttosto l'omertà, la sottomissione, la paura.

UN ASSAGGIO:

"Trascorriamo le notti estive sul tetto, crogiolandoci nell'infallibilità del nostro sguardo rapace e attento nel cielo aperto. I nostri discorsi non hanno limiti e non vi sono paure a condizionare i nostri pensieri. Trascorro ore ascoltando le storie dei silenziosi incontri tra Ahmed e Faheemeh, la ragazza di cui è innamorato. La sua voce si addolcisce e l'espressione del suo viso si tranquillizza mentre descrive il modo in cui lei, guardandolo, ha scrollato all'indietro i lunghi capelli neri, e di come questo debba significare che lo ama. Quale altro motivo avrebbe per allungare il collo se non quello di comunicare con lui? Mio padre dice che i persiani credono nella comunicazione silenziosa; uno sguardo o un gesto rivelano molto più di un intero libro di parole. Mio padre e' un grande comunicatore del silenzio. Quando io mi comporto male, lui mi rivolge un'occhiataccia che mi fa molto più male di centinaia di ceffoni.
Ascolto la voce di Ahmed che continua a parlare di Faheemeh, ma il mio sguardo vaga solitamente nei cortili del vicinato, dove una ragazza che si chiama Zari vive insieme ai suoi genitori e al fratellino piccolo, Keivan. Non ho mai visto Faheemeh così da vicino, così quando Ahmed mi parla di lei, io immagino Zari nella mia mente: i suoi zigomi delicati, gli occhi sorridenti e la pelle morbida e pallida. La maggior parte delle sere estive, Zari sta seduta all'estremità della piccola hose di famiglia sotto un ciliegio, e mentre legge fa dondolare i piedi aggraziati nell'acqua fresca. Faccio attenzione a non lasciare che i miei occhi indugino troppo a lungo su di lei perchè è fidanzata con il mio amico e mentore, Ramin Sobhi, uno studente del terzo anno di Scienze Politiche all'Università di Teheran che tutti, compresi i suoi genitori, chiamano il Dottore. E' vile innamorarsi della ragazza di un amico, e allontano il pensiero di Zari dalla mia mente ogni volta che penso al Dottore, ma i vaneggiamenti innamorati di Ahmed mi rendono difficile restare lucido."



lunedì 5 novembre 2012

JOE R. LANSDALE - In fondo alla palude

DOVE: nel cuore del Texas orientale
QUANDO: anni '30

Rientro finalmente nel blog dopo tanti - troppi- mesi di sosta causa trasloco ( e tutte le piccole-grandi disavventure che cio' comporta, allaccio della linea telefonica in primis). Ma, complice anche il cambio di lavoro da full-time a part-time, l'estate mi ha consentito anche di dedicarmi alla lettura, e di scoprire tanti piccoli, preziosi capolavori.
Per esempio, l'amara storia di Joe R. Lansdale, ambientata in un Texas orientale cinico e razzista, dove - siamo negli anni 30, nel pieno della Grande Depressione americana, per intenderci -nella più arida indifferenza qualcuno incomincia ad uccidere. Ma poichè le giovani vittime non sono che delle "negre", poco importa; perchè nella piccola, aspra comunità di Marvel Creek, come in tutto il resto del Texas, l'abolizione della schiavitu' ha lasciato a tutti l'amaro in bocca, e in quei cuori rinsecchiti ha messo profonde radici il germe del razzismo. Quei pochi che mostrano una qualche accondiscendenza verso i neri, vivono preda del terrore del Klan e di una qualche brutale vendetta rivolta contro la propria famiglia. Come Pappy Treesome, sparuto esule bianco nella comunità nera. E come il papà di Harry e Tom, barbiere nonchè rappresentante della legge nella piccola comunità "semplicemente perchè nessuno voleva farlo", ritrovatosi suo malgrado a dover fare i conti con quanto di più abietto l'evoluzione umana è stata in grado di concepire: superstizione, violenza, razzismo. Perchè lui, il placido barbiere che crede fermamente nella giustizia - e che per molti tratti ricorda l'Atticus Finch de "Il buio oltre la siepe" - mette anima e cuore nella vana impresa di trovare un varco attraverso la rigida rete di omertà che avvolge queste brutalità, fino a mettere a repentaglio la tranquilla felicità della sua modesta famiglia. Ed è proprio attraverso gli occhi del suo primogenito Harry che, con la semplicità e la limpidezza che solo il candore di un bambino puo' avere, pagina dopo pagina sentiamo accapponarci la pelle di fronte all'orrore più crudo, annidatosi come un demone oscuro tra le modeste casupole sorte lungo il fiume Sabine, nella provincia americana rurale ancora ben lontana da quel Melting Pot da cui sarebbe scaturito, in un tempo ancora molto di là da venire, un Presidente Nero.

UN ASSAGGIO:

"Ci sarà anche stata gente coi soldi, all'epoca, ma noi di certo non ne avevamo. Erano gli anni della Depressione. E anche ad avercene, non c'era un granchè da comprare a parte maiali, galline, ortaggi e gli alimenti di prima necessità. Ma visto che alle prime tre ci pensavamo da soli, non restava che procurarsi le poche altre cose necessarie, e per quelle spesso ricorrevamo al baratto.
Papà coltivava un po' di terra, e dove vivevamo noi la roba cresceva bene. Il vento si era portato via quasi tutto il Texas Settentrionale e Occidentale, oltre all'Oklahoma, ma il Texas Orientale era rigoglioso, la terra era fertilee grazie alla pioggia le piante crescevano alla svelta belle e robuste. Anche nei periodi secchi il terreno tendeva a trattenere l'umidità e, seppure scarso, il raccolto non andava perduto. Anzi, quando tutto il resto del Texas era inaridito e ridotto in polvere, nel Texas orientale si scatenavano degli incredibili temporali, avevamo addirittura delle inondazioni: era più facile perdere un raccolto per le piogge che per la siccità".

lunedì 7 maggio 2012

EMILY BRONTE - Cime Tempestose

DOVE: nella selvaggia quiete della brughiera dello Yorkshire, Inghilterra.
QUANDO: tra la fine del Diciottesimo e l'inizio del Diciannovesimo secolo.

Doverosamente, una premessa. Ricevo - con un po' di ritardo, dimenticandomi spesso di controllare la posta del blog, ahimè.. - un graziosissimo invito da Irene&Alessia del delizioso salottino di Cipria e Merletti, per la loro iniziativa dedicata alle sorelle Bronte. Personalmente, avevo già dedicato un post alla mia amatissima JANE EYRE ed ho inoltre da parte - sulla "rampa di lancio" dei prossimi libri di lettura - Agnes Grey, della più giovane delle tre, Anne. Non potevo quindi che scegliere la riservata Emily e quel suo capolavoro di passione, romanticismo, tormento e lande brulle battute dal vento che è Wuthering Heights. Aggiungo solo che stiamo parlando di uno dei primissimi libri entrati a far parte della mia biblioteca ( e del mio cuore), quand'ero poco più che adolescente, e che ho letto e riletto in più occasioni, riscoprendolo di volta in volta con occhi nuovi.
E come non innamorarsi di quei paesaggi solitari dello Yorkshire più selvaggio, che avvolgono la solitudine furiosa di Wuthering Heights, antica tenuta alla quale un cortese signor Lockwood si reca, in apertura, per conoscere e salutare il suo padrone di casa, l'ombroso signor Heathcliff? La quiete fredda e nebbiosa della brughiera pare riflettere l'animo di questo suo scontroso abitante, che pare ben poco propenso a ricambiare la cortese premura del suo nuovo inquilino.
E ben presto, attraverso le parole della sua governante Nelly, quest'ultimo potrà conoscere l'intricata, passionale ed oscura storia che lega Heathcliff alla sua massiccia dimora ed a quei solitari e burrascosi paesaggi. Egli infatti, un tempo silenzioso orfanello portato a Wuthering Heights dall'allora proprietario Mr. Earnshaw e cresciuto assieme ai suoi due figli Hindley e Catherine, ben presto si ritrova in balia di una oscura, irrefrenabile passione per la sorellastra che da quel momento in poi sarà la molla che darà la spinta a tutte le azioni della sua vita, a cominciare dalla pazienza certosina con cui, passo dopo passo, s'impegna a contrastare in ogni modo l'amore di lei per il giovane Edgar Linton. E tra il vento sibilante della brughiera, le vicende s'intrecciano ruotando attorno a questo amore tanto forte quanto distorto - un amore che è smania di possesso, ossessione, furia autodistruttiva.
Per antonomasia, la passione con la P maiuscola. Quella che, come le tempeste richiamate alla mente dal nome della tenuta, è tanto violenta da poter distruggere.

UN ASSAGGIO:

"Il pomeriggio di ieri s'era annunciato nebbioso e freddo: ed io avevo quasi una mezza idea di passarlo vicino al mio caminetto, piuttosto che mettermi in istrada attraverso l'erica e la fanghiglia verso la Tempestosa. Tuttavia, risalendo nella mia camera dopo il pranzo (NB: io pranzo tra mezzogiorno e la una. La governante, una rispettabile matrona che ho preso in affitto insieme con la casa, come una sua dipendenza, non ha saputo o voluto capire il mio desiderio d'esser servito alle cinque.) risalendo dunque i gradini con tale pigro intendimento, vidi proprio là nella mia stanza una giovane serva inginocchiata al suolo davanti al camino, circondata di spazzole e di secchi da carbone, che suscitava un fumo infernale nel cercar di estinguere le fiamme con monti di cenere. Tale spettacolo mi respinse immediatamente; presi il mio cappello e, dopo una camminata di quattro miglia, arrivai al cancello del giardino di Heathcliff, appena in tempo per ripararmi dai primi morbidi fiocchi di un gran rovescio di neve imminente.
Su quel nudo cucuzzolo di collina la terra era dura, nera, gelata; e soffiava un'aria pungente che mi faceva tremare per tutte le membra. Non riuscendo a levar la catena, scavalcai il cancello, e correndo lungo il viale lastricato che sparsi cespugli d'uvaspina costeggiano, mi misi a bussare perchè mi aprissero; picchiai a lungo, invano; le nocche mi facevano male e i cani urlavano."






domenica 6 maggio 2012

VANORA BENNETT - Ritratto di una sconosciuta

DOVE: Londra, Inghilterra
QUANDO: inizi del Sedicesimo secolo

Ecco un viaggio iniziato per caso, frugando in una bancarella del mercato di quelle in cui si accatastano alla rinfusa libri di ogni genere, e assolutamente indimenticabile. Perchè l'ambientazione di per sè - la Londra umida e fumosa del volitivo Enrico Ottavo, stanca delle lotte intestine tra le due dinastie dei Tudor e dei Plantageneti, in precario equilibrio prima dello scisma religioso che spaccherà violentemente in due la Chiesa (di qua i Cattolici, di là i protestanti) - è già parecchio allettante. Ed è proprio qui, nella lussuosa dimore londinese di Tommaso Moro - umanista e brillante politico - che cresce la giovane Meg Giggs, intraprendente, colta, ben provvista di quello spirito critico che l'educazione del padre adottivo ha inculcato in lei e nelle sue sorellastre. Affascinante, riflessiva, provvista di senso pratico ed esperta di erbe, pozioni e decotti - in certi aspetti, almeno a mio dire, molto simile all'indipendente Jane Eyre di Charlotte Bronte - Meg vive la sua romantica storia d'amore con John Clement, un tempo suo precettore nonchè pupillo dello stesso Moro. Fino a quando, sotto lo stesso tetto, il destino non pone il pittore Hans Holbein, massiccio, focoso, venuto a Londra dalla Germania per realizzare su commissione un ritratto della famiglia Moro. E mentre Meg, con sgomento, apre squarci di luce sul passato oscuro del suo ex insegnante (passato che quest'ultimo continua a custodire gelosamente come un segreto), il cuore passionale del rude tedesco comincia a battere in segreto per lei ... Tutto intorno, la nazione che sembra sgretolarsi sotto la spinta della passione del re per la bella Anna Bolena, i conservatori più rigidi - tra cui lo stesso Moro - che con la forza della disperazione tentano con ogni mezzo - lecito o illecito - di tenere a freno la ventata di nuovo che sta investendo la Chiesa di Roma, le sorti che si rovesciano come dadi in un bussolotto, le vicende private che come spesso accade s'intersecano con la storia, quella che poi sui libri lascia traccia di sè sotto forma di scarni elenchi di date.
La Bennet riesce a trasportarti con altrettanta maestria nel fiorente giardino di Moro, dove s'intrecciano la prima volta le mani titubanti di Meg e quelle del suo pretendente, e attraverso le viuzze umide e cupe dei quartieri più poveri, laddove la povera gente in segreto stampa - ed ascolta - per la prima volta la Bibbia tradotta dal latino alla lingua inglese, scoprendo finalmente il significato di ciò che, per anni, è stata addestrata ad ascoltare senza chiedere nulla di più. Lo ammetto: la scelta finale di Meg mi ha lasciato un pochino l'amaro in bocca.. ma questo, immagino, è il destino dei protagonisti di un romanzo: vivono la loro vita, fanno le loro scelte e chi legge - un po' come il giovane Sebastian della Storia Infinita, avvolto nel plaid nella soffitta polverosa della scuola - si immedesima a tal punto che, quando la decisione del protagonista non corrisponde con la propria ne resta irragionevolmente deluso... Ma la storia in sè è incantevole, suggestiva nell'ambientazione e terribilmente romantica, che si sia d'accordo o meno con la decisione di Meg...

UN ASSAGGIO:

"Il salone era pieno di nuovi arrivati. Ma una testa svettava sopra le altre, con una bruna criniera leonina, la mascella squadrata, un lungo naso e quegli occhi penetranti capaci di carpire i segreti delle anime. Era la testa di un uomo la cui aura gloriosa attirava, ovunque andasse, ogni altro paio d'occhi. Quando papà rideva, come faceva spesso, trasportava immancabilmente qualunque pubblico fosse riuscito ad attirare intorno a sè in un inatteso stato di purissimo divertimento. Non stava proprio ridendo, quando scivolai in casa con John Clement. Lui e donna Alice erano seduti su due sedie dallo schienale alto, circondati da uno stuolo di indulgenti ammiratori con gli occhi che brillavano, e stavano lottando per ridurre all'obbedienza i loro liuti capricciosi. Papà è sempre stato stonato, ma lo diverte l'idea di duettare con la moglie, e in quel momento cercava sorridendo di mostrarsi sciolto nel pizzicare le corde. Conosceva i propri limiti. Per lui quel duetto, come molte altre cose, era solo il preludio a una battuta sulla fragilità umana."




giovedì 5 aprile 2012

ZADIE SMITH - Della Bellezza


DOVE: Wellington, prestigioso college statunitense di Boston
QUANDO: anni'90

Howard Belsey, stimatissimo docente nonchè autore di una monumentale opera dissacrante su Rembrandt -opera incompiuta da anni, seppur chiacchieratissima - è ad un punto cruciale della sua vita. I capelli imbiancano, qualche fascinosa ruga comincia a solcare il viso, si tirano le somme della prima metà della propria vita: un matrimonio solido che pare aver superato la burrasca di una sua scappatella da cinquantenne, tre figli, una lussuosa casa in un quartiere rispettabile, un posto di tutto rispetto nella prestigiosa università di Wellington. Kiki, la sua burrosa moglie caraibica - un tempo battagliera femminista - organizza minuziosamente il party in giardino per il loro anniversario, mentre i suoi figli (il pio Jerome, il ribelle Levi e la caustica ed intellettuale Zora) cominciano a tracciare ciascuno la propria strada, alla ricerca del loro posto nel mondo. S'innamorano, lottano, sfidano le convenzioni. Tutto scorre liscio, le burrasche del passato sembrano spente alle loro spalle, fino a quando il destino non catapulta nel cuore di Wellington addirittura il suo acerrimo - in termini puramente accademici - nemico Monty Kipps, conservatore ai limiti del fanatismo, autore di una serie di pungenti stoccate dirette contro l'opera in fieri del professor Belsey. Inutile dire che, nei corridoi dell'austera Wellington, comincia ben presto a serpeggiare il malumore; tantopiù che tra gli studenti che seguono il suo corso fa la sua comparsa Victoria, figlia di Monty, affascinante e provocatoria.
Riuscirà il professor Belsey a riprendere le redini della propria vita, rimettendo ordine laddove il destino si è divertito a lanciare sassi ed increspare le acque?

UN ASSAGGIO:

"L'estate se ne andò improvvisamente da Wellington, sbattendo la porta nell'uscire. Il contraccolpo fece cadere d'un tratto tutte le foglie dagli alberi e come ogni fine di settembre Zora Belsey provò la strana sensazione che da qualche parte in una piccola aula dalle piccole seggiole una maestra di scuola elementare attendesse il suo arrivo. Le sembrava sbagliato camminare verso il centro senza una gonna a pieghe e una sravatta di stoffa lucida, senza una serie di gomme da cancellare profumate. Il tempo non è quello che è, ma come lo si vive, e Zora lo viveva così. Ancora a casa dei suoi, ancora vergine. Eppure in procinto di iniziare il primo giorno del suo secondo anno di università. L'anno prima, da matricola, gli studenti del secondo anno le erano sembrati appartenere a un'altra categoria di esseri umani: così sicuri nei gusti e nelle opinioni, negli amori e nelle idee. Quel mattino Zora si era svegliata con l'idea che la notte potesse averle portato la sperata metamorfosi; ma nello scoprire che così non era, aveva fatto ciò che quasi ogni ragazza fa quando non si sente nella parte: si era vestita in modo da simularla. In che misura ci fosse riuscita, non lo sapeva. Si fermò a esaminare la propria immagine riflessa nella vetrina di Lorelie's, un negozio di parrucchiere per studentesse che risaliva agli anni Cinquanta, sull'angolo tra Houghton Street e Maine Avenue. Cercò di mettersi nei panni dei suoi pari. Si rivolse la più difficile delle domande: se IO mi vedessi, cosa penserei di me?
Aveva mirato a qualcosa del genere 'intellettuale bohemienne: impavida; aggraziata; audace e coraggiosa'. Perciò indossava una lunga gonna zingaresca verde scuro, una camicetta bianca di cotone con un'eccentrica gorgiera, un'alta cintura di pelle scamosciata presa in prestito dall'armadio di Kiki e risalente all'epoca in cui sua madre poteva ancora permettersi di indossare una cintura, un paio di zatteroni e una specie di cappello. Che specie di cappello? Un cappello da uomo, di feltro verde, che somigliava vagamente a una fedora ma che in effetti non lo era. L'insieme non somigliava affatto all'idea che se n'era fatta nell'uscire di casa. Nemmeno lontanamente."

lunedì 5 marzo 2012

AZHAR ABIDI - La Casa degli amori sognati


DOVE: Karachi,Pakistan
QUANDO: metà degli anni '80

Se -come ormai ripeto fino alla nausea - per me leggere è intraprendere un viaggio, va da sè che adoro in particolar modo i libri che sono in grado di portarmi lontano da quella che è la mia realtà. Per esempio, nel Pakistan degli anni '80, sospeso a metà tra un passato fatto di rigidi principi familiari, disciplina, serenità ed un presente in cui la violenza lacera ed infiamma corpi ed animi di coloro che, in nome degli ideali, si lanciano nella follia di una guerra "giusta".
Bilqis, vedova, distinta signora discendente di un'antica famiglia di Karachi, colta ed elegante osserva impotente attorno a sè il lento declino di tutto ciò che un tempo era stato il suo presente; così come le tappezzerie vede gli antichi principi ed ideali ingiallirsi e farsi improvvisamente lisi, vetusti, muffosi agli occhi dei giovani. Come quelli dell'amato figlio Samad, fresco sposo della bella australiana Kate, che seppur combattuto nel proprio intimo con i sensi di colpa - abbandonare l'anziana madre, sempre più sola nella vecchia casa cadente - sceglie comunque di restare in Australia, tentando in tutti i modi di sradicare l'ostinata Bilqis dal Pakistan in rapido decadimento per portarla con sè a Melbourne. O quelli della giovane Mumtaz, domestica nata e cresciuta nella sua casa - come sua madre prima di lei - che in barba ai sani principi della tradizione che vorrebbero un matrimonio accuratamente selezionato e scelto da altri per lei, insegue il suo cuore imbarcandosi in una pericolosa relazione "non autorizzata" con Omar, focoso combattente per l'indipendenza.
Tutto ruota intorno all'amore nelle sue diverse forme - per i genitori, per la propria patria, per la religione, fino al più tradizionale, quello che toglie il fiato e fa battere il cuore - tra i profumi esotici del silenzioso giardino in mezzo al quale sorge l'ormai cadente casa di Bilquis, che pare precedere di qualche passo i piccoli "acciacchi" della sua ultima, tenace inquilina, fedelmente accudita da un esile manipolo di domestici a lei devoti.


UN ASSAGGIO:

"La mattina successiva, Bilqis si svegliò presto. Aveva piovuto prima dell'alba. Quando smise, le rane cominciarono a gracidare. Bilqis si svegliò da un sogno vivido, pensando che suo marito, Hashmat, fosse ancora vivo. Le ci volle qualche istante per rendersi conto che era morto da sette anni, anche se le sembrava che fossero passati solo pochi giorni. Seccata con sè stessa, si alzò e andò in bagno. Era uno spazio piccolo senza finestre, con un'apertura vicino al soffitto, i muri imbiancati e un bouquet di lavanda fresca in una nicchia. Si lavò le mani e il viso con una saponetta trasparente Pear's e si asciugò con uno spesso asciugamano. Moderni accessori in acciaio avevano sostituito l'impianto idraulico originale; era rimasta soltanto una vecchia vasca da bagno in ghisa che, quando gli operai avevano osato cercare di toglierla, aveva affondato le sue zampe artigliate nel pavimento, minacciando di portare con sè tutta la muratura. Si tolse le pantofole rosse di pelle e si sedette sul bordo della vasca. Le piaceva quel bagnetto, che sembrava la cella di un monastero. Si sentiva al sicuro lì dentro. Era il sancta sanctorum della sua casa."

mercoledì 22 febbraio 2012

ESTRAZIONE GIVEAWAY ^_^

Dunque: il tempo è scaduto, ed è arrivato per me il momento di sorteggiare il vincitore del mio giveaway di San Valentino ^_^.

perciò, che rullino i tamburi, e si proceda all'estrazione (con l'aiuto del sito Random.org, per essere certi che sia la Dea bendata a scegliere!):


List Randomizer

There were 14 items in your list. Here they are in random order:


  1. Alchemilla

  2. Skye

  3. LauraValzy

  4. Crisgabrisa

  5. Anthea

  6. Pupottina


  7. Carmen

  8. La leggivendola

  9. Caty

  10. Nicky

  11. Kedi

  12. Eloise

  13. Strawberry

  14. Dolce Candy

Timestamp: 2012-02-15 14:08:30 UTC







non sono molto pratica, spero di non aver fatto troppi pasticci con la formattazione ^_^.. in ogni caso, la fortunata è ALCHEMILLA, alla quale chiedo di inviarmi l'indirizzo per la spedizione alla mia mail metedinchiostro@gmail.com; provvederò quanto prima (tempi di lavoro permettendo, ma ce la metterò tutta per essere rapida, giuro!) ad inviare il premio.

Sono un po' emozionata, è la prima volta che invio una copia della mia favola.. sarà ovviamente moooolto gradito un commento/recensione, se la mia favola ti piacerà.

Per gli altri - sperando che qualcuno sia stato incuriosito almeno un pochino dal mio Cavaliere Timido - rimando al sito della Butterfly Edizioni per tutte le informazioni in merito. E, di nuovo, raccomando a tutti gli aspiranti scrittori di tenere d'occhio il loro concorso letterario ^_^.

In bocca al lupo a chiunque, come me, vorrà provare ad inseguire un sogno!

martedì 31 gennaio 2012

HOWARD PHILLIPS LOVECRAFT - La casa stregata e altri racconti


DOVE: Rhode Island, USA
QUANDO: Inizio del Ventesimo Secolo

Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa. Mi vanto di essere una lettrice ad ampio spettro, che non disdegna i classici dell'horror, ma solo quest'anno ho scoperto una delle più illustri "penne" del genere, quella di H. P. Lovecraft. Il quale, scopro dalla breve biografia introduttiva ( eh, sì, non resisto a dare una sbirciatina a quella sfilza di date e piccole nozioncine che forse i più tendono a saltare andando subito al sodo), era un personaggio parecchio singolare: ex bambino prodigio - conosceva l'alfabeto a due anni, sapeva leggere a quattro e scriveva poesie e racconti a sei, figlio di una madre affetta da nevrosi ed un padre ricoverato in una clinica psichiatrica, cresciuto divorando antichi volumi nella ricca biblioteca del nonno, divenne un adulto introverso che si esprimeva, parlava e scriveva nell'inglese del diciottesimo secolo. Perseguitato da salute malferma che gli impedì di seguire un corso di studi regolare eppure di un'erudizione immensa, coltivata grazie alla sua tenacia ed alla curiosità volta specialmente alle scienze - e, naturalmente, al paranormale.
Tutto ciò si traduce in uno stile classico eppure ricco di tensione, che nei quattro racconti del libro (La Casa Stregata, L'Orrore a Red Hook, L'Orrore di Dunwich e I Sogni nella Casa Stregata) si snoda attraverso stregoneria, inquietanti bagliori, creature mostruose frutto di incantesimi malvagi, spietate sette occulte, tra soffitte misteriose e scantinati sinistri, nelle buie notti silenziose della campagna sterminata e dentro il fitto minestrone umano dei sobborghi di una grande città. Insomma, non si salva nessuno nel tranquillo Rhode Island che la penna di Lovecraft trasforma in una inquieta provincia sotto la cui superficie sobbollono indisturbati i frutti delle più bieche deviazioni dell'animo umano.
Fra tutti, forse, il mio preferito resta l'Orrore a Red Hook, con quelle notti cupe cariche di attesa nel cuore del Massachussets - per chi, come me, ama le atmosfere di attesa opprimente piuttosto che la nuda e cruda brutalità dei fatti.

UN ASSAGGIO:

"Nella primavera successiva alla nascita di Wilbur, Lavinia riprese a fare le sue solite passeggiate sulle colline, tenendo nelle sue braccia sproporzionate il bambino dalla carnagione scura. Il pubblico interessato alle vicende dei Whateley diminuì dopo che la maggior parte della gente di campagna ebbe visto il bambino, e nessuno di prese il disturbo di commentare il rapido sviluppo che il neonato esibiva giorno dopo giorno.
La crescita di Wilbur era davvero fenomenale perchè, nel giro di tre mesi a partire dalla sua nascita, aveva raggiunto una taglia e un vigore che di solito non si trovano nei bambini sotto l'anno di età. I suoi movimenti e persino i suoni che articolava rivelavano un controllo e una ponderatezza molto insoliti per un fanciullo, e nessuno si stupì troppo quando, a sette mesi, cominciò a camminare da solo, con un incedere incerto che sparì dopo appena un mese. Fu poco dopo questo periodo, il giorno di Halloween, che si vide una forte vampata, a mezzanotte, in cima alla Sentinel Hill, là dove l'antica roccia a forma di tavolo si erge in mezzo al tumulo di vecchie ossa. Cominciarono a girare molte voci, quando Silas Bishop riferì di aver visto il ragazzo salire gagliardamente di corsa su per quella collina, seguito da sua madre, circa un'ora prima che venisse osservata quella vampata."

venerdì 27 gennaio 2012

PER LA MEMORIA... per TUTTE le memorie.


.... "Hanno bisogno di vedere i corpi per ricordare?" Domandò Angel "Non se lo ricordano ogni volta che si girano per parlare con i loro cari e scoprono che non ci sono più?"

"Sono sicuro che sia così, signora. Ma i nostri figli che sono troppo giovani per ricordare avranno bisogno di quel posto per non dimenticare, e i figli dei nostri figli che verranno dopo. E molti turisti da altri paesi ci sono già stati per vedere quello che è successo. Molti Wazungu hanno firmato il registro dei visitatori."

<...> "E tu, Binaisa?" Domandò Pius "cosa sei riuscito a scrivere?"

"Non ci crederai, Tungaraza, ma ho scritto solo due parole, le stesse he molti Wazungu avevano già scritto. Mi sento in imbarazzo a dire quali sono."

" 'Mai più'?" suggerì Gasana "Le ho viste scritte più e più volte sul registro"

"E' la stessa cosa che si disse quando vennero chiusi i campi di concentramento in Europa." commentò Angel "Ti ricordi, Pius? 'Mai più' era scritto ovunque in quel museo dove andammo in Germania."

"E se allora quelle parole avessero significato qualcosa, non sarebbero più esistiti posti come quello dove siamo appena stati, oggi, con registri dove la gente può continuare a scrivere 'mai più'" Osservò Pius.

"Hai ragione, Tungaraza, e le parole che ho scritto oggi hanno poco valore, lo stesso che avevano tanti anni fa. Di sicuro in futuro ci saranno altri massacri nel mondo, dopo i quali qualcuno scriverà su un registro 'mai più' - e di nuovo quelle parole non significheranno niente. <...>"

GAILE PARKIN, "Africa Social Club" - il Memoriale del Genocidio in Ruanda



giovedì 26 gennaio 2012

.. C'ERA UNA VOLTA..... Meme favoloso ^_^

(immagine tratta dal blog: http://unafragolaalgiorno.blogspot.com/)

Come può, una che scrive favole per hobby, resistere quando scopre sul blog di Silvia un Meme dedicato alle fiabe? Ovviamente, non resiste.
Ecco qui, dunque, il mio post sul tema. Perchè - non per tirare acqua al mio mulino ^_^ - ma le favole vanno lette e rilette, da grandi e piccini. Non perdiamo la bella abitudine di sederci accanto al lettino con la abat-jour accesa ed un libro tra le mani, lasciando che le ombre e il suono della nostra voce cullino l'immaginazione dei bambini trasportandoli verso mondi fantastici....
Perchè, come ha ben sintetizzato G.K. Chesterton ( a mio modesto parere la migliore definizione di "favola", riportata anche in apertura di Coraline di Neil Gaiman) :

"Le fiabe non insegnano ai bambini che i draghi esistono, loro lo sanno già che esistono. Le fiabe insegnano ai bambini che i draghi si possono sconfiggere."

Ma bando alle ciance e partiamo, dunque, con il MEME:

1) Qual è la tua favola preferita?

Decisamente Il Soldatino di Stagno di H.C.Andersen, una storia tenerissima di amore e diversità...

2) Quale quella più odiata?

La Principessa sul Pisello. Ricordo che da piccola detestavo la capricciosissima protagonista, che anzichè venire punita finisce per sposare il principe di turno proprio in virtù dei suoi vezzi...

3) Qual'è il tuo cartone animato Disney preferito?

La Bella e La Bestia, senza alcun dubbio. La storia è tra le mie preferite, splendidamente tradotta in musica e disegni - con ancora una preponderanza del lavoro manuale, una delle ultime, immagino. Splendido il messaggio sulla bellezza interiore e sull'amore che trionfa sempre, mentre il bel Gaston resta con un pugno di mosche. Da riscoprire, direi, in epoca di tette rifatte e inquilini seminudi delle case televisive.

4) Quale sogno vorresti che la bacchetta della Fata Madrina rendesse vero?

Diciamo che nel mio caso, la Fata Madrina ci ha già messo parecchio lo zampino, durante l'anno appena trascorso ^_^ .... diciamo che allora, tolti i desideri già realizzati, mi accontenterei di un volo sul Tappeto Volante di Aladino.

5) Il tuo cattivo preferito?

Probabilmente il Capitano Uncino..

6) E adesso il principe azzurro dal quale vorresti essere salvata...

In realtà nessuno in particolare, alla fin fine tutti per un verso o per l'altro si rivelano abbastanza deludenti... insomma, il Principe di Cenerentola che non la riconosce se non quando la vede calzare la scarpetta, quello della Sirenetta che s'innamora di una voce... ^_^
Fra tutti, forse, quello della Bella Addormentata nel Bosco, che affronta con tenacia l'incantesimo per poter salvare la bella principessa prigioniera.

7)Quale dei sette nani ti rappresenta di più?

In questo momento? Eolo, purtroppo...

8) Se Mago Merlino potesse tramutarti in animale per un giorno, quale vorresti essere?

Un drago, immagino, o qualche altro essere fantastico. Diamine, se devo proprio scomodare Mago Merlino voglio che sia per una buona causa!

9) Se fossi Raperonzolo, come passeresti le tue giornate nella torre?

Leggendo, immagino.

10) E ora, scrivi la prima frase che ti viene in mente di una delle canzoni Disney:

..."Quando sembra che non succeda più, ti riporta via, come la marea, la felicità"....

11) Quale frase ti sussurrerebbe più spesso all'orecchio il Grillo Parlante se lo avessi sulla tua spalla?

Probabilmente : " Su.. buttati, ragazza!"

12) Se tu possedessi le scarpette rosse di Dorothy dove vorresti che ti trasportassero?

Nel più classico dei classici: il Paese delle Meraviglie di Alice ^_^

13) Se dico "C'era una volta..." come proseguiresti la frase?
(PS: non scrivere tutta la storia, solo l'incipit!)
C'era una volta un sogno che aspettava il momento di venire sognato ....


Carino, no? Spero che siate in molti a partecipare al Meme.. non è bello inondare un po' il web di pensieri positivi e scampoli di favole, in mezzo a tanta spazzatura?









martedì 24 gennaio 2012

THOMAS HARDY - Tess dei D'Urberville


DOVE: Dorset, Inghilterra
QUANDO: seconda metà del Diciannovesimo secolo

Se avete il debole per quelle belle storie strappalacrime in cui una povera fanciulla si ritrova sola ad affrontare povertà, fame ed insidie, Tess dei d'Urberville è la storia che fa per voi. Nella verde campagna inglese la giovane e bella Tess vive una vita semplice ma serena fino a quando, malgrado le rimostranze della giovane, i genitori non le impongono di recarsi fuori dalla Valle di Blackmoore - quello che, fino ad allora, era stato il suo mondo - per rivendicare la parentela con i D'Urberville, stirpe nobiliare che a quanto pare è lontanamente legata ai Durbeyfield, la famiglia di Tess. Lontana da casa, accompagnata dalle avide speranze dei suoi, Tess entra infine nella famiglia di ricchi sconosciuti dove finisce per attirare le brame del giovane figlio Alec, che invita la ragazza a lavorare nella sua proprietà al solo scopo di poter più facilmente soddisfare il proprio desiderio, indipendentemente dal consenso di lei. Peccato che questa non sarà che la prima delle aspre vicissitudini che costelleranno la sfortunata vita di Tess, fino all'amaro finale.
Sullo sfondo della placida campagna inglese, ben lungi dai pic-nic e i party da ballo che nel nostro immaginario fanno da contorno all'immagine di una bella giovinetta del diciannovesimo secolo, ci immergiamo in una realtà di dure sveglie all'alba, di paglia, mani callose, giovani capricciosi ed annoiati e rigidi principi religiosi che non ammettono sconti, nemmeno a chi è vittima degli eventi, nella quale la penna di Hardy ci guida con concretezza quasi fotografica.
E Tess, bellissima e fiera ma impotente spesso di fronte agli eventi, combatte con tutta la forza di una giovane donna contro la sua stessa vita, tentando fino alla fine di riscattarsi. Splendido affresco di fine Ottocento, con tutte le contraddizioni di una religione che finisce per schiacchiare negli ingranaggi delle sue regole gli sventurati che dovrebbe invece risollevare, con la prepotente arroganza di chi si sente forte delle divisioni sociali, con l'amarezza di chi si spezza la schiena nei campi senza avere il diritto di alzare il capo e dire "no" al proprio padrone.


UN ASSAGGIO:

"Rimasero seduti al tavolino del tè in attesa del loro bagaglio, che il lattaio aveva promesso di mandare prima che facesse scuro. Ma la sera cominciava a calare, il bagaglio non arrivava ed essi non avevano portato con sè che quanto avevano indosso. Con la scomparsa del sole l'umor quieto del giorno invernale subì un cambiamento. Fuori cominciarono rumori come di seta strofinata energicamente; le pacifiche foglie morte dell'autunno precedente risorsero irritate e turbinarono riluttanti, battendo contro le imposte. Ben presto cominciò a piovere.
- Quel gallo sapeva che il tempo sarebbe cambiato - disse Claire
La donna che li aveva serviti se n'era tornata a casa sua per la notte, ma aveva posato delle candele sulla tavola ed essi le accesero. Ogni fiammella si chinava verso il focolare.
- Queste case antiche sono piene di correnti d'aria - continuò Angel, guardando le fiamme ed il sego che gocciolava giù dai lati. - Mi chiedo dove mai possano essere i nostri bagagli. Non abbiamo nemmeno una spazzola e un pettine. -
- Non lo so - rispose ella con aria assente.
-Tess, non sei per nulla allegra stasera..niente affatto com'eri solita essere. Quelle megere sui pannelli del piano superiore ti hanno sconcertata. Sono spiacente di averti condotta qui. Mi domando, dopotutto, se mi ami veramente.
Sapeva che ella lo amava, e le sue parole non avevano alcuna intenzione seria; ma ella era satura di emozioni, e sussultò come un animale ferito. Sebbene cercasse di non spargere lacrime non potè fare a meno di lasciarsene sfuggire una o due. "

lunedì 23 gennaio 2012

JOSEPH ROTH - La leggenda del Santo bevitore


DOVE: Parigi, Francia
QUANDO: 1934

Racconto breve ma ricco d'atmosfera, sulle bizzarrie della Vita - quella con la "V" maiuscola - che talvolta, per un capriccio, decide di offrire una chance perfino a chi non ha nulla. Come Andreas Kartak, barbone che trascorre la sua ciondolante esistenza d'alcolista tra i silenziosi lastroni umidi lungo le rive della Senna e qualche osteria a poco prezzo. Fino a quando, in una quieta sera primaverile, un misterioso individuo ben vestito non scende, uno dopo l'altro, gli scalini di pietra che conducono al lungofiume e, incontrato lo sfortunato Andreas, non gli mette in mano duecento franchi. Una cifra spropositata, per un uomo che, fuggito da un passato difficile, si barcamena vivendo giorno dopo giorno con i pochi spiccioli rimediati da qualche buon cuore parigino: immaginarsi dunque lo stupore, l'incredulità, il sospetto di chi tutto ad un tratto si vede offrire da uno sconosciuto una cifra di denaro che disperava mai di poter vedere. Andreas inizialmente tenta di rifiutare, poichè la sua coscienza - seppur annebbiata dall'alcol - gli proibisce di accettare un prestito che difficilmente sarebbe stato in grado di restituire. Ma lo sconosciuto insiste talmente tanto che alla fine il barbone cede ed intasca il denaro, congedandosi dal misterioso benefattore con la promessa che avrebbe restituito quanto prestato non a lui ma alla piccola santa Therese de Lisieux, alla quale il filantropo è particolarmente devoto e una statuetta della quale si trova nella cappella di Ste Marie des Batignolles.
Detto fatto, il giovane Andreas impiega quell'insperata fortuna per tanti piccoli piaceri - un bagno, una rasatura, un pasto caldo - da troppo tempo negati; ma quando decide che è venuto il momento di saldare il debito....
Non anticipo altro, perchè la storia è già breve di per sè, eppure intensa in quanto a significato; una di quelle storie che spingono ad interrogarsi sulla vita, sul destino, su quanto esso sia nelle nostre mani e sull'importanza di cogliere le occasioni quando queste ci si presentano.

UN ASSAGGIO:

"Anche il signore ben vestito svanì nelle tenebre. Aveva davvero ricevuto il miracolo della conversione. E aveva deciso di guidare la vita dei più poveri. E per questo, viveva sotto i ponti.
Quanto all'altro, invece era un bevitore, anzi, un ubriacone. Si chiamava Andreas e viveva alla giornata, come molti bevitori. Era passato tanto tempo dall'ultima volta che aveva posseduto duecento franchi. E forse proprio perchè era passato tanto tempo, alla debole luce dei lampioni prese un pezzetto di carta ed un mozzicone di matita e scrisse l'indirizzo della piccola santa Therese e la somma di duecento franchi che da quel momento le doveva. Salì una delle scale che, dalle rive della Senna, conducono al lungofiume. Là, lo sapeva, c'era un ristorante. Entrò, mangiò e bevve in abbondanza, spese molti soldi e portò via una bottiglia intera per la notte, che aveva pensato di trascorrere come di consueto sotto un ponte. Raccolse anche un giornale dal cestino dei rifiuti, ma non per leggerlo, per coprirsi. I giornali tengono caldo, tutti i barboni lo sanno."

mercoledì 4 gennaio 2012

IL PRIMO GIVEAWAY DI "METE D'INCHIOSTRO!"

C'è una canzone che ultimamente adoro.
Sarà perchè questo 2011 - per molti versi - è stato per me l'anno dei desideri realizzati, sarà perchè in fondo sono sempre stata una inguaribile sognatrice e trovo che questi versi siano azzeccatissimi, sarà perchè la voce di Pau è sempre la voce di Pau... insomma, "Ho imparato a sognare" - nella versione dei Negrita è diventata un po' la mia colonna sonora. Per intenderci, una di quelle canzoni che vi ronzano in testa durante il giorno e che non possono mancare nel CD che vi accompagna al lavoro in macchina.

Inevitabile, dunque, la scelta del "titolo" per il mio primissimo Giveaway.... tanto per iniziare questo 2012 con un po' di positività per tutti coloro che hanno dei sogni nascosti nel cassetto. Tantopiù che, dicono i Maia, i prossimi mesi potrebbero essere l'ultima occasione per realizzarli ^_^.

Le regole sono semplici: inserite un commento di senso compiuto a questo post, diventate - se vi va - sostenitori del blog e promuovete l'iniziativa copiando ed incollando sul vostro blog il banner qui sotto:

BannerFans.com




In palio ci sarà una copia del mio libro, con l'augurio che porti fortuna a chi lo riceve come l'ha portata alla sottoscritta.. ( e credetemi, ne ha portata davvero tanta! ^_^). Se poi il sorteggiato vorrà ospitare nel suo blog anche una piccola recensione, mi farebbe davvero piacere ..

Il tutto entro il 14 Febbraio 2012.... Quale data migliore, dal momento che parliamo pur sempre di una favola? ^_^ (Colgo l'occasione per segnalare il link della Butterfly Edizioni... per tutti gli aspiranti scrittori come me che sono in cerca di una chance!)

Allora conto su di voi..