giovedì 5 aprile 2012

ZADIE SMITH - Della Bellezza


DOVE: Wellington, prestigioso college statunitense di Boston
QUANDO: anni'90

Howard Belsey, stimatissimo docente nonchè autore di una monumentale opera dissacrante su Rembrandt -opera incompiuta da anni, seppur chiacchieratissima - è ad un punto cruciale della sua vita. I capelli imbiancano, qualche fascinosa ruga comincia a solcare il viso, si tirano le somme della prima metà della propria vita: un matrimonio solido che pare aver superato la burrasca di una sua scappatella da cinquantenne, tre figli, una lussuosa casa in un quartiere rispettabile, un posto di tutto rispetto nella prestigiosa università di Wellington. Kiki, la sua burrosa moglie caraibica - un tempo battagliera femminista - organizza minuziosamente il party in giardino per il loro anniversario, mentre i suoi figli (il pio Jerome, il ribelle Levi e la caustica ed intellettuale Zora) cominciano a tracciare ciascuno la propria strada, alla ricerca del loro posto nel mondo. S'innamorano, lottano, sfidano le convenzioni. Tutto scorre liscio, le burrasche del passato sembrano spente alle loro spalle, fino a quando il destino non catapulta nel cuore di Wellington addirittura il suo acerrimo - in termini puramente accademici - nemico Monty Kipps, conservatore ai limiti del fanatismo, autore di una serie di pungenti stoccate dirette contro l'opera in fieri del professor Belsey. Inutile dire che, nei corridoi dell'austera Wellington, comincia ben presto a serpeggiare il malumore; tantopiù che tra gli studenti che seguono il suo corso fa la sua comparsa Victoria, figlia di Monty, affascinante e provocatoria.
Riuscirà il professor Belsey a riprendere le redini della propria vita, rimettendo ordine laddove il destino si è divertito a lanciare sassi ed increspare le acque?

UN ASSAGGIO:

"L'estate se ne andò improvvisamente da Wellington, sbattendo la porta nell'uscire. Il contraccolpo fece cadere d'un tratto tutte le foglie dagli alberi e come ogni fine di settembre Zora Belsey provò la strana sensazione che da qualche parte in una piccola aula dalle piccole seggiole una maestra di scuola elementare attendesse il suo arrivo. Le sembrava sbagliato camminare verso il centro senza una gonna a pieghe e una sravatta di stoffa lucida, senza una serie di gomme da cancellare profumate. Il tempo non è quello che è, ma come lo si vive, e Zora lo viveva così. Ancora a casa dei suoi, ancora vergine. Eppure in procinto di iniziare il primo giorno del suo secondo anno di università. L'anno prima, da matricola, gli studenti del secondo anno le erano sembrati appartenere a un'altra categoria di esseri umani: così sicuri nei gusti e nelle opinioni, negli amori e nelle idee. Quel mattino Zora si era svegliata con l'idea che la notte potesse averle portato la sperata metamorfosi; ma nello scoprire che così non era, aveva fatto ciò che quasi ogni ragazza fa quando non si sente nella parte: si era vestita in modo da simularla. In che misura ci fosse riuscita, non lo sapeva. Si fermò a esaminare la propria immagine riflessa nella vetrina di Lorelie's, un negozio di parrucchiere per studentesse che risaliva agli anni Cinquanta, sull'angolo tra Houghton Street e Maine Avenue. Cercò di mettersi nei panni dei suoi pari. Si rivolse la più difficile delle domande: se IO mi vedessi, cosa penserei di me?
Aveva mirato a qualcosa del genere 'intellettuale bohemienne: impavida; aggraziata; audace e coraggiosa'. Perciò indossava una lunga gonna zingaresca verde scuro, una camicetta bianca di cotone con un'eccentrica gorgiera, un'alta cintura di pelle scamosciata presa in prestito dall'armadio di Kiki e risalente all'epoca in cui sua madre poteva ancora permettersi di indossare una cintura, un paio di zatteroni e una specie di cappello. Che specie di cappello? Un cappello da uomo, di feltro verde, che somigliava vagamente a una fedora ma che in effetti non lo era. L'insieme non somigliava affatto all'idea che se n'era fatta nell'uscire di casa. Nemmeno lontanamente."