venerdì 30 novembre 2012

LYMAN FRANK BAUM - Il Mago di Oz

DOVE: in un mondo favoloso dove si scontrano Bene e Male
QUANDO: fine dell'800.

Chi di noi non ha ben presente in testa il film musicale del 1939? Quello, per intenderci, con una Dorothy attempatella ed un leone che oggi sarebbe stato frutto della realtà virtuale, anzichè ore e ore di sapiente make-up. Ammetto di conoscerlo a memoria; eppure, solo nelle ultime settimane, ho per la prima volta preso tra le mani la versione originale, il classico che Lyman Frank Baum (nato alla metà dell'Ottocento da una famiglia che aveva fatto una discreta fortuna grazie ai pozzi petroliferi, e morto povero in canna una sessantina d'anni dopo, dopo aver dissipato le fortune paterne dedicandosi con scarso successo alle attività più disparate, dall'avicoltore al direttore di teatri al venditore di porcellane porta a porta) diede alle stampe nel 1900.

La trama, immagino, è presto detta: la piccola Dorothy che vive con gli amatissimi zii e il sanguigno cagnetto Toto in una solitaria fattoria nella silenziosa vastità del Kansas, il tornado che la solleva e la depone in una terra sconosciuta, popolata di bizzarri abitanti, l'amicizia con lo Spaventapasseri, l'Uomo di Latta e il Leone Codardo, il loro viaggio fiducioso lungo la strada lastricata di mattoni gialli alla ricerca dell grande e potente Oz, il mago che saprà dare loro cio' che cercano. E poi la perfida strega dell'Ovest, che tenta in tutti i modi di ostacolarli, e che i quattro dovranno affrontare se vorranno ottenere quanto richiesto: un cervello, un cuore, il coraggio ed il viaggio di ritorno alla volta del Kansas.
Ma perchè proporre una storia un tantino demodè - e certamente più "cruda" delle storie che siamo abituati a raccontare oggi ai nostri bimbi: qui si fanno saltare teste ai lupi senza tanti complimenti! ^_^ - quando la letteratura per l'infanzia propone già tante storie più moderne? Io stessa, dopotutto, ho pubblicato una favola; eppure penso che il messaggio di Baum sia ancora estremamente attuale, se vogliamo ascoltarlo; ed un po' come ho fatto a suo tempo per Cuore, anche stavolta voglio dedicare spazio ad un classico forse un tantino dimenticato...
< ATTENZIONE: SPOILER!! la storia, immagino, sia ben nota, eppure vi avviso che  nelle prossime righe verranno anticipati dettagli della trama che potrebbero togliere la sorpresa a chi non dovesse conoscerla...>
Dorothy è una bambina sola, con un desiderio, così come i suoi tre bizzarri compagni di viaggio desiderano qualcosa con tutta l'anima; e s'incamminano in un lungo, lunghissimo viaggio verso colui che puo' aiutarli. Un mago, anzi, il Grande e Potente mago che tutto sa e tutto puo' e verso il quale i piccoli Munchkin guardano con devozione ed indirizzano i quattro viaggiatori. Facile come bere un bicchier d'acqua, no? A chi non piacerebbe, avere qualcuno che possa esaudire qualsiasi desiderio? E va bene, la stradina lastricata di mattoni gialli non e' poi tutta rose e fiori, ci sono minacce e pericoli da affrontare, ma chi non lo farebbe, se sapesse che dall'altro capo c'è qualcuno in grado di realizzare un sogno?
Ma l'amara sorpresa è che Oz, tutt'altro che un mago grande e potente, non è che un ometto timido e spaventato, abbastanza ingegnoso da architettare una serie di trucchi in grado di camuffare la sua vera identita ai fiduciosi Munchkin, e che si serve di Dorothy e dei suoi tre amici per sbaragliare l'ultimo ostacolo alla sua libertà, la Perfida Strega dell'Ovest che già una volta l'ha sconfitto confinandolo nella Torre di Smeraldo. Che sarà pure di smeraldo, ma è pur sempre una fragile soluzione per chi teme continuamente un nuovo attacco dall'Ovest. Così, sgominata non senza rischi l'acerrima nemica, il piccolo Oz si trova davanti i quattro, arrabbiati, delusi dal dover attendere ancora per avere cio' che hanno richiesto, insistenti. E mentre l'ingegnoso ometto trova una scappatoia dall'ingarbugliata questione, ci rendiamo conto che tutto cio' che cercavano già lo avevano dentro di loro, in un bozzolo che aspettava solo di venire dischiuso. E a ben guardare, durante le lunghe e pericolose avventure che rafforzano la loro amicizia, quel bozzolo s'infrange mostrando ai lettori che in realtà ciascuno è in cerca di qualcosa che possiede; ed è così che nelle lacrime di dolore dell'Uomo di Latta, nell'ostinata testardaggine con cui il Leone prigioniero si rifiuta di cedere alla perfida strega, nelle acute, lucide soluzioni che lo Spaventapasseri propone nel momento del pericolo ci appare chiaro che un Cuore, il Coraggio, il Cervello li hanno già trovati prima ancora di arrivare. Che non è il traguardo, ma il viaggio a farci crescere, migliorare, a farci trovare cio' che ci manca; ma con gli occhi fissi alla meta, possiamo perdere di vista cio' che troviamo lungo la strada. O ancora peggio, con lo sguardo fisso avanti a chi crediamo possa aiutarci, perdiamo di vista noi stessi, cio' che possiamo fare, cio' che abbiamo fatto e di cui dobbiamo essere orgogliosi.
E se la vita ci mette davanti a delle difficoltà, dobbiamo tenere a mente che sono proprio quelle che tireranno fuori dal nascondiglio più profondo della nostra anima le risorse necessarie per affrontarle.

In un'epoca di scorciatoie, "pappardelle pronte" su vassoi d'argento, perdita di valori, non mi pare poco.


UN ASSAGGIO:

"Mentre parlavano, i tre avevano continuato a inoltrarsi nella foresta. La strada era sempre lastricata di pietre gialle, ma sopra c'erano caduti tanti di quei rami secchi e foglie che a camminarci sopra si faceva una gran fatica.
C'erano pochi uccelli in quel posto buio e intricato, non si udivano ne' canti ne' trilli ma, di tanto in tanto, dal folto si alzava il cupo brontolio di qualche animale feroce. Ogni volta Dorothy sussultava con il cuore in gola e Toto, a coda bassa, le trotterellava alle calcagna, spaventato pure lui.
'Quanto tempo ci vorrà prima di uscire da questa foresta? ' Chiese al Taglialegna di Latta.
'Beh, non saprei. Non sono mai stato alla Città di Smeraldo, ma mio padre una volta ci ando', da giovane, e raccontava sempre che era stato un viaggio lungo e pieno di pericoli attraverso un territorio ostile; solo nelle vicinanze della città la campagna diventa di nuovo fertile e bella. Io, comunque, non ho paura, con il mio oliatore a portata di mano. Quanto allo Spaventapasseri, nessuno puo' fargli del male, imbottito di paglia com'è, e tu, per proteggerti, hai il segno del bacio della Strega Buona del Nord. Tutto a posto, no?'
'Già! E Toto?' strillo' Dorothy 'Chi proteggera' il mio Toto?'
'In caso di pericolo, ci penseremo noi, tutti insieme' Disse il Taglialegna di Latta.
Non aveva finito di pronunciare l'ultima parola che dalla foresta si alzo' un terribile ruggito e un istante dopo un leone enorme balzo' in mezzo alla strada. Con un colpo di zampa fece volare lo Spaventapasseri sul ciglio della strada poi, con i suoi possenti artigli, cerco' di colpire il Taglialegna di Latta. Ma, con sua grande sorpresa, gli artigli scivolarono sul metallo e l'unico risultato che ottenne fu di far cadere a terra l'ometto.
Il piccolo Toto, trovandosi davanti a un nemico in carne e ossa e non a una voce soltanto, ignota e terrificante, riacquisto' tutto il suo coraggio e abbaiando a più non posso si lancio' contro il leone, che subito spalanco' una bocca grande come un forno per divorarlo. Dorothy nel vedere che il suo amato cagnolino stava per fare una gran brutta fine, senza badare al pericolo si precipito' sul leone e lo schiaffeggio' sul muso con tutte le sue forze, gridando:
'Non osare di toccare Toto, lo sai? Vergognati, grande e grosso come sei, cercare di mordere un cagnolino!'
'Ma io non l'ho morso..' Borbotto' il leone, strofinandosi il muso là dove Dorothy lo aveva colpito.
'No, pero' ci hai provato. Sei un gran vigliacco, ecco.'
'Lo so' sospiro' il leone, chinando la testa vergognoso. L'ho sempre saputo, ma cosa posso farci?'"




martedì 13 novembre 2012

Con mille scuse per il ritardo.. parliamo di SWAP!!

Meglio tardi che mai, potrei banalmente dire.... ma d'altronde me lo sarei dovuto aspettare, quando ho scelto di partecipare al mio primissimo swap proprio nel pieno del trasloco, quando gli scatoloni si accumulavano dalla mattina alla sera con la stessa rapidità con la quale gli oggetti "sparivano" dalle mensole. Un lavoro immane, chi c'è passato lo sa; in ogni caso, è andata. E dalla mia nuova casa, finalmente connessa via ADSL, posso - con un ritardo mostruoso!! - finalmente ringraziare di cuore La Locanda Dei Libri e la sua "locandiera" Clody per aver organizzato il tutto... (scusandomi ancora per non essere riuscita prima di adesso a dare un mio segno di vita ^_^).

La mia abbinata è stata davvero una persona speciale; in primis, perchè è un'artista (anzi, sbirciate subito qui, qui e qui i suoi blog per farvene un'idea!); e poi perchè vive in un paese a me molto caro, per questioni affettive e di ricordi d'infanzia. Il Destino, dunque, ha voluto metterci lo zampino; ed è con grande piacere che, aprendo il pacchettino, ho trovato tutto cio' che vedete:


Il libro da lei scelto è davvero molto singolare, e cerchero' al più presto di dedicargli un post; posso dire pero' che, per lo stile arguto, il linguaggio deliziosamente "vintage", la semplicità di stile lo trovo azzeccatissimo. Da un'artista, non ci si puo' certo aspettare la banalità ^_^. Grazioso e piacevole, così come piacevole è stato ricevere una cartolina con l'immagine del mio poeta preferito ed un quadernetto dedicato ai "desideri", il che per una scrittrice nonchè grafomane come me è un invito a nozze. Come a dire, "Maccaroni, m'avete provocato...."^_^
E, per finire, assieme ad una lettera (che bellezza riscoprire il piacere di aprire la busta e trovare un foglio manoscritto, carta e penna come ai vecchi tempi!!!), una sua piccola creazione,  bellissima anche nel significato: l'innaffiatoio magico...

Alla cara Cristina posso solo dire che il suo piccolo annaffiatoio sta facendo il suo dovere; negli ultimi mesi si sono susseguiti tanti cambiamenti nella mia vita, quanti forse prima d'ora avevo accumulato solo nel corso di anni.
Un grazie di cuore a lei per il suo pensiero, e di nuovo a Clody che ha voluto organizzare lo swap per darci l'occasione di conoscere meglio gli altri "naviganti" dei blog letterari ^_^


domenica 11 novembre 2012

ANNE BRONTE - Agnes Grey

DOVE: Nord dell'Inghilterra
QUANDO: metà del Diciannovesimo Secolo.

Anne, la piccolina di casa Bronte, si cimenta anch'essa con la letteratura; e seppure forse di minor impatto emotivo rispetto a Cime Tempestose e Jane Eyre, capolavori delle sue sorelle maggiori, ho comunque gradito molto questo breve viaggio nella sempre piacevole Inghilterra Vittoriana, dove nel verde della campagna inglese la giovane Agnes Grey decide di rimboccarsi le maniche e prendere in mano la sua vita. La sua famiglia, un tempo benestante, cade in disgrazia dopo che il padre, con qualche leggerezza, si affida ad investimenti quantomeno traballanti e la giovane Agnes, lasciata con gran dolore i genitori e la sorella Mary, sceglie quella che per molte delle sue contemporanee era la via più semplice verso l'indipendenza economica: diventare una governante. Così come la tenace Miss Giddens de Il Giro di Vite, o la colta e brillante Jane Eyre dell'omonimo romanzo di Charlotte. Peccato che, rispetto a queste ultime, il destino di Agnes si riveli ben più arduo; i giovani pupilli a lei assegnati dalle due famiglie presso le quali si trova a prestare servizio, infatti, si rivelano ben presto indisciplinati e viziati fino alla malvagità. Ben diversi, quindi, dalla dolce e boccolosa Adele, cui dedica le sue attenzioni Jane, e dai seppur tormentati Miles e Flora affidati alle cure di Miss Giddens, per i quali l'ambiguità di carattere e le piccole malvagità possono trovare una seppur magra giustificazione nell'essere prodotte sotto l'impulso di una qualche entità sovrannaturale. Perchè quello contro cui combatte Agnes, è quanto di più tristemente concreto possa esistere: la ricchezza che genera spesso indolenza, disinteresse verso i figli, incapacità di apprezzare il bello. Eppure lei, tenacemente, procede dritta verso la sua strada, dispensando consigli, forte dell'esempio della propria famiglia lontana eppure sempre viva nel suo cuore, e della tenera amicizia con il signor Weston, giovane curato dalla mente brillante e dai saldi valori. Intorno a lei, la natura, le lunghe, silenziose passeggiate lungo strade sterrate di campagna al seguito delle capricciose damigelle che invano tenta di educare alla moderazione, alla semplicità, all'amore verso il prossimo, le austere dimore di famiglia, tanto lussuose quanto fredde, circondate da parchi dalla bellezza sfolgorante che pero' non aiutano la piccola Agnes a rimpiangere meno la sua piccola, modesta eppure calda casa d'infanzia.

UN ASSAGGIO:

"Il terzo mattino dopo il ritorno da Parco Ashby mi svegliai presto: il sole filtrava attraverso le imposte e pregustai il piacere di attraversare la città silenziosa e di raggiungere la spiaggia deserta, mentre metà del mondo ancora dormiva. La decisione non fu lunga, nè l'esecuzione lenta. Naturalmente non volevo disturbare mia madre, così scesi le scale senza far rumore, aprii la porta cautamente e mi ritrovai in strada mentre l'orologio della chiesa batteva le cinque e tre quarti. Dalle stesse strade sentivo sprigionarsi un senso di freschezza e vigore; poi, districatami dalla città, posai i piedi sulla sabbia e guardai l'ampia baia luminosa che mi si stendeva davanti: non ho parole per descrivere l'intenso, limpido azzurro di mare e cielo, la luce del sole del mattino, splendente sulla curva barriera di rocce scoscese sormontata da tumide verdi colline, sulla distesa di sabbia bianca, sui bassi scogli affioranti che il manto di muschio e alghe rendeva simili a piccole isole erbose, e soprattutto, sull'intenso sfavillio delle onde. E poi l'indicibile fragrante purezza dell'aria! Calda quanto bastava a rendere gradevole la brezza, sufficientemente ventilata per mantenere un fremito sull'intera distesa del mare e sospingere le onde impetuose fin sulla riva con uno scintillio di spuma, come pazze di gioia."


venerdì 9 novembre 2012

MAHBOD SERAJI -Le notti di Teheran

DOVE: Teheran, Iran
QUANDO: a cavallo tra il 1973 e il 1974

Una poetica immersione nelle tiepide notti stellate del Medio Oriente, dove per ritemprarsi dopo le afose e secche giornate estive Pasha e il suo migliore amico Ahmed, diciassettenni pieni di sogni e di vita, hanno l'abitudine di incontrarsi sul tetto della casa di Pasha. E lì, tra una sigaretta fumata di nascosto, sotto la luce ambrata dei lampioni che scivola sul vicolo deserto sotto di loro, si scambiano sogni, battute, si confidano i primi, timidi amori. Come quello impetuoso di Ahmed per Faheemeh, o quello timido, silenzioso, devoto di Pasha per la bella vicina di casa Zari. Ma siamo nell'Iran del 1973, e quelle stelle che punteggiano il cielo estivo così brillanti e numerose assistono con impotenza ai primi rigurgiti di una rivoluzione che, di lì a poco, avrebbe rovesciato lo Scià e che finirà per travolgere, tra repressioni, vendette, perquisizioni, arresti, anche i quattro giovani e la loro voglia di essere giovani, di amare, di essere felici. E, attraverso lo sguardo dolcemente innocente di Pasha, voce narrante scelta da Seraji per aprirci la porta della quotidianità di chi vive nel terrore di una visita a sorpresa della Savak, la temibile polizia dello Scià, scivoliamo come spettatori silenziosi su quei tetti accarezzati dalla luna, dove si sussurrano brani di Hafiz e Kayyam, si sorseggiano confortanti tazze di tè bollenti, si sospira e ci si ama. Sì, perchè ci si puo' amare malgrado tutto, malgrado la violenza che scoppia come un petardo nei vicoli della città millenaria, perfino davanti al portone di casa, in una notte di perquisizioni. E, soprattutto, si puo' continuare a credere nei valori- l'amore, l'amicizia, il coraggio, la lealtà - anche quando "i grandi" sembano mostrare che ciò che conta è piuttosto l'omertà, la sottomissione, la paura.

UN ASSAGGIO:

"Trascorriamo le notti estive sul tetto, crogiolandoci nell'infallibilità del nostro sguardo rapace e attento nel cielo aperto. I nostri discorsi non hanno limiti e non vi sono paure a condizionare i nostri pensieri. Trascorro ore ascoltando le storie dei silenziosi incontri tra Ahmed e Faheemeh, la ragazza di cui è innamorato. La sua voce si addolcisce e l'espressione del suo viso si tranquillizza mentre descrive il modo in cui lei, guardandolo, ha scrollato all'indietro i lunghi capelli neri, e di come questo debba significare che lo ama. Quale altro motivo avrebbe per allungare il collo se non quello di comunicare con lui? Mio padre dice che i persiani credono nella comunicazione silenziosa; uno sguardo o un gesto rivelano molto più di un intero libro di parole. Mio padre e' un grande comunicatore del silenzio. Quando io mi comporto male, lui mi rivolge un'occhiataccia che mi fa molto più male di centinaia di ceffoni.
Ascolto la voce di Ahmed che continua a parlare di Faheemeh, ma il mio sguardo vaga solitamente nei cortili del vicinato, dove una ragazza che si chiama Zari vive insieme ai suoi genitori e al fratellino piccolo, Keivan. Non ho mai visto Faheemeh così da vicino, così quando Ahmed mi parla di lei, io immagino Zari nella mia mente: i suoi zigomi delicati, gli occhi sorridenti e la pelle morbida e pallida. La maggior parte delle sere estive, Zari sta seduta all'estremità della piccola hose di famiglia sotto un ciliegio, e mentre legge fa dondolare i piedi aggraziati nell'acqua fresca. Faccio attenzione a non lasciare che i miei occhi indugino troppo a lungo su di lei perchè è fidanzata con il mio amico e mentore, Ramin Sobhi, uno studente del terzo anno di Scienze Politiche all'Università di Teheran che tutti, compresi i suoi genitori, chiamano il Dottore. E' vile innamorarsi della ragazza di un amico, e allontano il pensiero di Zari dalla mia mente ogni volta che penso al Dottore, ma i vaneggiamenti innamorati di Ahmed mi rendono difficile restare lucido."



lunedì 5 novembre 2012

JOE R. LANSDALE - In fondo alla palude

DOVE: nel cuore del Texas orientale
QUANDO: anni '30

Rientro finalmente nel blog dopo tanti - troppi- mesi di sosta causa trasloco ( e tutte le piccole-grandi disavventure che cio' comporta, allaccio della linea telefonica in primis). Ma, complice anche il cambio di lavoro da full-time a part-time, l'estate mi ha consentito anche di dedicarmi alla lettura, e di scoprire tanti piccoli, preziosi capolavori.
Per esempio, l'amara storia di Joe R. Lansdale, ambientata in un Texas orientale cinico e razzista, dove - siamo negli anni 30, nel pieno della Grande Depressione americana, per intenderci -nella più arida indifferenza qualcuno incomincia ad uccidere. Ma poichè le giovani vittime non sono che delle "negre", poco importa; perchè nella piccola, aspra comunità di Marvel Creek, come in tutto il resto del Texas, l'abolizione della schiavitu' ha lasciato a tutti l'amaro in bocca, e in quei cuori rinsecchiti ha messo profonde radici il germe del razzismo. Quei pochi che mostrano una qualche accondiscendenza verso i neri, vivono preda del terrore del Klan e di una qualche brutale vendetta rivolta contro la propria famiglia. Come Pappy Treesome, sparuto esule bianco nella comunità nera. E come il papà di Harry e Tom, barbiere nonchè rappresentante della legge nella piccola comunità "semplicemente perchè nessuno voleva farlo", ritrovatosi suo malgrado a dover fare i conti con quanto di più abietto l'evoluzione umana è stata in grado di concepire: superstizione, violenza, razzismo. Perchè lui, il placido barbiere che crede fermamente nella giustizia - e che per molti tratti ricorda l'Atticus Finch de "Il buio oltre la siepe" - mette anima e cuore nella vana impresa di trovare un varco attraverso la rigida rete di omertà che avvolge queste brutalità, fino a mettere a repentaglio la tranquilla felicità della sua modesta famiglia. Ed è proprio attraverso gli occhi del suo primogenito Harry che, con la semplicità e la limpidezza che solo il candore di un bambino puo' avere, pagina dopo pagina sentiamo accapponarci la pelle di fronte all'orrore più crudo, annidatosi come un demone oscuro tra le modeste casupole sorte lungo il fiume Sabine, nella provincia americana rurale ancora ben lontana da quel Melting Pot da cui sarebbe scaturito, in un tempo ancora molto di là da venire, un Presidente Nero.

UN ASSAGGIO:

"Ci sarà anche stata gente coi soldi, all'epoca, ma noi di certo non ne avevamo. Erano gli anni della Depressione. E anche ad avercene, non c'era un granchè da comprare a parte maiali, galline, ortaggi e gli alimenti di prima necessità. Ma visto che alle prime tre ci pensavamo da soli, non restava che procurarsi le poche altre cose necessarie, e per quelle spesso ricorrevamo al baratto.
Papà coltivava un po' di terra, e dove vivevamo noi la roba cresceva bene. Il vento si era portato via quasi tutto il Texas Settentrionale e Occidentale, oltre all'Oklahoma, ma il Texas Orientale era rigoglioso, la terra era fertilee grazie alla pioggia le piante crescevano alla svelta belle e robuste. Anche nei periodi secchi il terreno tendeva a trattenere l'umidità e, seppure scarso, il raccolto non andava perduto. Anzi, quando tutto il resto del Texas era inaridito e ridotto in polvere, nel Texas orientale si scatenavano degli incredibili temporali, avevamo addirittura delle inondazioni: era più facile perdere un raccolto per le piogge che per la siccità".