domenica 20 gennaio 2013

RICHARD POWERS - Il fabbricante di eco

DOVE: nel gelido Nebraska, lungo la riserva naturale del fiume Platte
QUANDO: ai giorni nostri

Di solito non lascio commenti personali particolarmente "netti"; volutamente, le mie non vogliono essere critiche letterarie, ma semplicemente un trasferire in un post le emozioni e le "visioni" che i libri mi hanno regalato. In questo caso, diciamo che il libro mi ha lasciato combattuta. Se dovessi raccontare in breve la trama, poco accade, in realtà, in queste pagine. O perlomeno, poco accade se parliamo di "fatti", perchè il grosso di questo romanzo avviene in realtà nell'interno dell' io della protagonista, che di fronte agli stravolgimenti della sua vita è costretta a rivedere le sue posizioni, riaffrontare ciò che era rimasto in sospeso, aprire armadi a costo di tirare fuori qualche scheletruccio.
Diciamo che non è stata la storia in sè e per sè, quella che mi ha trascinato una pagina dopo l'altra, quanto piuttosto l'ambientazione struggente, quella di un Nebraska freddo, selvaggio, in cui la stagionale migrazione delle gru che si radunano a centinaia lungo il gelido fiume Platte richiama ogni anno frotte di turisti appassionati di bird-watching in quello che altrimenti, durante il resto dell'anno, non è che un paesotto solitario ed anonimo della sterminata provincia americana. Ed è qui, a Kearney - una periferia disordinata, un piccolo centro urbano allineato lungo la strada principale, il tutto circondato dalla maestosità millenaria della Natura con la "N" maiuscola - che la rossa Karin Schluter è costretta suo malgrado a ritornare quando suo fratello Mark rimane vittima di un grave incidente stradale. Lei, che anni prima era fuggita dalle meschinità della provincia, lasciandosi alle spalle un padre violento ed incline all'alcol ed una madre il cui bigottismo sfiorava la superstizione, lei che faticosamente si era costruita una nuova vita nella metropoli tutta vetri e cemento, è costretta d'un tratto a ripiombare indietro, fronteggiando i fantasmi del suo passato e le nuove, sfiancanti sfide che la vita ha deciso di porre sul suo cammino. Sì, perchè non solo la riabilitazione di Mark è lenta e dolorosa, ma è ulteriormente complicata dalla diagnosi di Sindrome di Capgras, che gli rende apparentemente impossibile riconoscere alcuni volti altrimenti familiari. Ed è così che lei, strappata alla sua vita cittadina ed una traballante relazione amorosa in fieri, si ritrova sola, nella provincia ostile e fredda, ad alloggiare nella squallida motor-home di un fratello che l'addita come estranea, invocando l'arrivo della "vera" Karin.
Impossibile, nella solitudine e nel silenzio di una cittadina che sperava le fosse ormai estranea ma che scopre di avere profondamente radicata in sè, non fare i conti con la propria coscienza, rivedendo passo a passo la propria vita, radunando idee, affrontando vecchi rancori ed ex-fiamme non del tutto sopite.

UN ASSAGGIO:
"Ed ecco spuntare Kearney: la periferia sparpagliata, il vialone di centri commerciali da poco smantellati, il trogolo bisunto del fast-food lungo la Second, l'antica arteria principale. La sontuosa rampa d'uscita dell'interstatale 80 le parve tutt'a un tratto l'epitome dell'intera città.
La familiarità riempì Karin di una calma strana e fuori luogo. Casa.
Trovò il Good Samaritan come gli uccelli trovano il Platte. Parlò con il traumatologo, facendo grandi sforzi per seguirlo. Lui continuava a ripetere media gravità, stabile, e fortunato. Era talmente giovane che la sera prima poteva benissimo essere andato a far baldoria con Mark. Karin voleva chiedergli di mostrarle la laurea in medicina. Invece gli chiese cosa significasse 'media gravità', annuendo educatamente alla risposta fumosa. Poi gli domandò di quel 'fortunato', e il traumatologo spiegò: 'fortunato di essere vivo.'"

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