giovedì 29 settembre 2016

JONAS JONASSON - L'assassino, il prete, il portiere

DOVE: in giro per la Svezia, partendo da Stoccolma per arrivare ad una minuscola isola di pescatori a Gotland

QUANDO: oggi

Graffiante, politically scorrect, dissacrante. Questi i tre termini con cui definirei questo succoso ed irrestibile noir ironico, in perfetto stile Jonasson (se avete letto Il Centenario che Saltò dalla Finestra e Scomparve, sapete a cosa alludo).
Siamo ad Oslo, in un piccolo e squallido hotel ad una stella - o meglio, in un ex bordello promosso poi a sudicio alberghetto destinato a dare riparo a una variegata fetta di umanità dal dubbio spessore morale; qui lavora Per Persson, insoddisfatto receptionist apparentemente condannato ad una vita squallida. Figlio di una madre distaccata, nipote di un nonno che per cocciutaggine imprenditoriale ha visto dissiparsi come un miraggio la piccola fortuna che lui stesso aveva accumulato negli anni, l'abulico Per svolge il suo lavoro senza particolare entusiasmo nè convinzione, continuamente rimuginando su ciò che avrebbe potuto essere, finchè nella sua vita non arrivano due personaggi apparentemente agli antipodi.
Da un lato, il feroce Johan Andersson, più noto alla Svezia come Anders l'assassino, killer efferato che ha trascorso gli ultimi trent'anni alternandosi tra il carcere e le occasionali prestazioni omicide e limitandosi, nel resto del tempo, a vegetare imbottito di alcool e pasticche.
Dall'altro, Johanna Kjellander, donna-prete senza vocazione - per non dire "atea"- divenuta pastore in ossequio alle volontà del padre ed alla tradizione della famiglia Kjellander, ritrovatasi senza un tetto e senza soldi dopo una sua "spiacevole gaffe" durante la funzione religiosa.
E tanto Andersson è ottuso, ignorante, facilmente offuscabile dall'alcool, tanto il pastore Kjellander è sveglia, spregiudicata, ricca di inventiva; ecco dunque che i tre - accomunati seppur per motivi completamente diversi, dall'essere tre spiantati insoddisfatti dalla vita - si alleano in quella che sarà la miccia e l'innesco di una storia che dire scoppiettante è dire poco. Perchè, infatti, non creare una società che sfrutti il vasto curriculum di Anders l'omicida mettendo le sue competenze al servizio della malavita, offrendo - con opportuno tariffario - i più svariati servizi a coloro che, nei bassifondi di Stoccolma, avessero un nemico del quale vendicarsi (o nei casi più estremi, liberarsi)?
Detto, fatto. Johanna Kjellander e Per Persson si occupano - per così dire - delle pubbliche relazioni, mentre Anders l'assassino, opportunamente e costantemente addolcito da abbondanti dosi di vino, esegue il lavoro sporco. Ma questo non è che l'inizio, perchè la storia si dipana velocemente, srotolandosi davanti ai nostri occhi come un delizioso film oscillante tra il noir e la commedia brillante, mixando ingredienti su ingredienti: dalla fuga attraverso la Svezia alla fondazione di una bizzarra congregazione religiosa, fino a tirare in ballo addirittura Babbo Natale, e poi ancora, fino allo strambo finale.
Una storia leggera ma sorprendente, guizzante e piena di brio, che parla di truffatori e di truffati, di buoni e cattivi, di bene e di male, di individui apparentemente poco raccomandabili che si rivelano invece pezzi di pane, e di individui che invece sfruttano la loro apparenza rispettabile per raggirare gli altri. Il tutto, imprescindibilmente mescolato ad una grassa dose di ironia, in perfetto stile Jonasson.

UN ASSAGGIO:

"Nonostante tutto si scolarono insieme la bottiglia e forse fu grazie a essa che i due si trovarono d'accordo nel ritenere che una certa attenzione mediatica fosse un metodo in sè rischioso, ma efficace per raggiungere gli obiettivi prefissati. Venne stabilito che l'assassino avrebbe concesso un'intervista in esclusiva a uno dei mass media svedesi più adatti allo scopo, e così sarebbe emerso il suo insolito talento.
Il responsabile della reception si mise a leggere i giornali del mattino, i tabloid, i settimanali e le riviste, prese a seguire i programmi offerti da diversi canali televisivi e ad ascoltare la radio e alla fine decise che il risultato migliore e più immediato lo avrebbero ottenuto ricorrendo alla pubblicità che si sarebbero fatti comparendo su uno dei due tabloid nazionali di spicco. La scelta finale cadde sull' "Expressen", perchè sembrava più facilmente abbordabile dell' "Aftonbladet".
Nel frattempo il pastore informò Anders l'assassino del motivo di quell'iniziativa e di cosa essa comportava, poi pazientemente si esercitò con lui nella preparazione dell'immimente intervista. Gli riempì la testa di informazioni sul messaggio che intendevano lanciare, che cosa bisognava dire e che cosa invece non bisognava dire. Dulcis in fundo, lui doveva apparire sul giornale come:
1. in vendita
2. pericoloso, e
3. pazzo"

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