martedì 15 novembre 2016

DOUGLAS ADAMS - Guida galattica per gli autostoppisti



DOVE: in giro per lo spazio
QUANDO: più o meno negli anni '80 del Pianeta Terra

Ecco un viaggetto che pregustavo da tempo, pur non essendo, lo ammetto, quel che si dice una estimatrice del genere fantascientifico (nè in formato cartaceò nè in quello cinematografico). Ma della Guida Galattica ho sempre sentito così tanto parlare, che non potevo non avventurarmi tra le sue pagine, prima o poi. E così, con l'acquolina in bocca, assolutamente digiuna di viaggi interstellari, mi sono lasciata andare.
Certo, per apprezzarlo bisogna essere, se non proprio degli appassionati del genere, perlomeno dei lettori privi di pregiudizi e pronti ad addentrarsi di tanto in tanto in qualche intricato ragionamento di statistica, probabilità e pensiero computazionale, che rallenta un tantino il ritmo altrimenti serrato della storia. Ma se siete pronti a saltare nello spazio interstellare, il risultato sarà un viaggio assolutamente appassionante e non convenzionale.
La trama è complicata da dipanare, se non si vogliono rovinare i piccoli e saporiti colpi di scena in cui si incappa, tra una pagina e l'altra; diciamo solo che siamo in un anonimo giovedì mattina nell'Inghilterra Sudoccidentale, e l'anonimo trentenne ed ex londinese Arthur Dent, impiegato in una radio locale, conduce la sua vita anonima in una altrettanto anonima casa destinata ad essere abbattuta per far posto ad una scintillante tangenziale.
Tutto inizia da qui, da una pigra e soleggiata mattina, in una casa di mattoni immersa in un giardino reso fangoso dal temporale notturno, con un bulldozer che borbotta scalpitando mentre Arthur, all'interno, l'umore grigio e il passo pesante, si lava per quella che probabilmente sarà la sua ultima mattina in quella casa.
Ecco, una di quelle giornate che sembrano pessime, e nelle quali - ti verrebbe da dire - tocchi il fondo, tanto che "peggio di così non può andare"...
Peccato che, per Arthur Dent, solitario, grigio ed apatico cittadino del Pianeta Terra, le cose stanno per andare peggio, eccome... Se perdere la propria casa per un intestardimento della burocrazia vi sembra già un evento disperato, cosa pensereste se vi dicessi che il piccolo e insignficante (se lo guardiamo dall'ottica dell'Universo) Dent sta per perdere il suo stesso pianeta?
E qui mi fermo, senza scendere più di così nei dettagli; perchè la guida galattica va gustata, pagina dopo pagina. Uno stile scorrevole, una storia di viaggi intergalattici, navi interstellari, creature poliformi, con un retrogusto un tantino retrò, di quella fantascienza "di una volta", di quando ancora ascoltavamo la musica con il mangianastri ignorando che un giorno avremmo avuto Spotify e YouTube.
Una storia ricca di umorismo ed autoironia, di robot umanizzati - anche troppo - e di esseri bicefali, di ricchi rampolli annoiati che intraprendono in  autostop (anche questo, un termine dal sapore estremamente vintage) lunghi viaggi "low-comfort" attraverso le galassie, di misteriosi e leggendari fabbricanti di pianeti, di un asettico e distante Governo Galattico Imperiale, di irritabili e disgustose creature aliene, di immense navi spaziali dai lunghi corridoi metallici.
Ma non aspettatevi un libriccino tutto esplosioni nello spazio e tentacoli melmosi; questo è anche e soprattutto un libro che fa pensare. Uno di quei libri che - un po' come Flatlandia, che recensii millenni fa - mentre lo leggi ti dà la sensazione di dare "respiro" ai neuroni resi asfittici dall'era degli smartphone. Perchè qui, al di là dei salti interstellari, si parla di convivenza e conflitti tra i diversi, di grandi domande e grandi risposte, degli intrecci imperscrutabili del destino e del senso recondito della vita sul nostro pianeta.
Un libro che ti cattura e si fa leggere in poche ore, ma che ti lascia dentro un piccolo germoglio di riflessione su chi siamo noi, all'interno dell'immensità dell'universo.

UN ASSAGGIO:

"Il prostetnico vogon Jeltz non era piacevole a vedersi. Nemmeno per gli altri vogon. Il suo nasone a volta saliva alto sopra la piccola fronte da porcello. La sua pelle verde scuro, gommosa, era abbastanza spessa da permettegli di giocare bene al gioco della politica del Servizio Civile vogon, ed era abbastanza impermeabile da permettergli di sopravvivere tranquillamente, senza effetti collaterali, a una profondità sottomarina di trecento metri.
Non che lui andasse mai a nuotare, beninteso. Era sempre troppo occupato per farlo. Il suo aspetto era quello perchè miliardi di anni prima, quando i vogon erano usciti strisciando dai pigri mari primordiali di Vogsfera ed erano approdati ansimanti alle rive vergini del pianeta, quando i primi raggi del giovane brillante Vogsole loi aveva investiti col suo splendore, era successo che le forze dell'evoluzione avevano rinunciato ad occuparsi di loro: si erano come tirate in disparte, disgustate, e li avevano esclusi dal loro elenco, considerandoli un orrido ed increscioso errore. Così, i vogon non si erano più evoluti. Anzi, non sarebbero mai dovuti sopravvivere."