venerdì 13 aprile 2018

ORHAN PAMUK - Il mio nome è Rosso



DOVE: Istanbul, Turchia
QUANDO: Fine del '500

Un libro strano, particolare, che per certi versi - la lentezza con cui scorre la storia, le lunghe digressioni "tecniche" e storiche, i dialoghi talvolta lenti da seguire - ha richiamato alla mia mente Il Nome della Rosa di Eco.
In entrambi i casi, un delitto efferato (più di uno, a dire il vero, nell'abbazia benedettina) maturato in una cerchia ristretta di individui. In entrambi i casi, l'ambientazione è strettamente legata alla conservazione della cultura: da un  lato gli amanuensi benedettini, dall'altro i miniaturisti al servizio del sultano. In entrambi i casi, un'indagine scandita dai ritmi lenti di un'epoca lontana dalla nostra.
Più o meno tre secoli di distanza tra le due storie, oltre a parecchi chilometri, ma una sorta di atmosfera che li accomuna: cupa, lenta, claustrofobica e asfittica.
Storie di tempi e luoghi lontani, di invidie represse, di sangue, di lunghi dibattiti tecnici che possono- per quanto a noi possa sembrare assurdo - sfociare in violenza.
Nel caso di Eco - non sveliamo troppi dettagli, si tratta pur sempre di un giallo, per quanto di fama amplissima - il dibattito sulla commedia e il riso, che ruota attorno alla Poetica di Aristotele. Nel caso dei miniaturisti di Pamuk, la diatriba su quale sia lo stile migliore da adottare, se quello tradizionale tramandato nei secoli - che prevede la visione del mondo dall'alto, come lo vedrebbe Allah - o quello nuovo importato dagli "infedeli" veneziani, che sposta l'occhio del disegnatore a terra, e adotta l'espediente della prospettiva.
In entrambi i romanzi, lunghe pause di digressioni tecnico-filosofiche che rallentano la storia e talvolta stentano a farne seguire il filo, perlomeno ad un lettore poco "presente".
Per il resto, due storie assolutamente differenti sul piano umano dei protagonisti.
Di Eco, del giovane Adso da Melk e dell'ex inquisitore Guglielmo da Baskerville ho già parlato in una precedente recensione; in questo caso, invece, la storia è quella di Nero, giovane miniaturista innamorato perdutamente fin da ragazzo della bella Sekure, che rientra ad Istanbul dopo dodici anni di assenza trovandola sposata e madre di due amatissimi bambini.
Il marito di lei, però, è disperso in guerra, il che riaccende la speranza di Nero di poterla riconquistare; se non fosse che la stessa speranza infiamma Hasan, fratello del marito scomparso, anch'egli innamorato di Sekure e fortemente intenzionato a farne sua moglie.
In mezzo lei, la bellissima ed indecisa Sekure, che ahimè con la complicità di una vecchia venditrice di corredi - e organizzatrice di incontri più o meno clandestini, e di matrimoni - tiene accese entrambe le fiamme intrattenendo con entrambi una corrispondenza seppure sporadica.
Tutto intorno, una caotica Istanbul, con i suoi viottoli fangosi, i mendicanti coperti di cenci, il profumo delle spezie, i piccoli giardini ombrosi delle case, il succo di amarena a dar refrigerio nelle ore più calde.
Quando poi, la calma confusione di Istanbul viene scossa dall'omicidio di un giovane miniaturista del sultano, l'onda d'urto non può che abbattersi anche sulle loro vite, poichè il padre di Sekure - nonchè zio di Nero- è anch'egli un noto miniaturista ed era per lui che la vittima stava lavorando ad un libro commissionato dal Sultano.
E sarà proprio lui, l'anziano zio Effendi, a chiedere a Nero di fare luce sul delitto in via ufficiosa, indagando ed interrogando gli altri miniaturisti, per dipanare la questione. Manco a dirlo, in nome dell'amore per Sekure, Nero accetta ed entra in punta di piedi in quest'avventura, muovendosi con prudenza tra i miniaturisti e le loro sanguinose invidie covate per anni, cercando di non attirare troppo l'attenzione e cercando di dipanare una matassa più intricata del previsto.
Cosa si nasconde dietro la ferocia dell'assassino, che torna a colpire prima che Nero abbia potuto far luce sull'accaduto?
Un libro non certo semplice - se volete accostarvi a Pamuk, vi consiglio piuttosto questo, già recensito tempo fa - ma che, esattamente come accaduto con il Nome della Rosa, sebbene il ritmo fosse lento e lo stile talvolta contorto, e sebbene le lunghe digressioni tecniche mi facessero perdere un po' il filo, mi ha comunque tenuta incatenata fino all'ultimo con l'atmosfera assolutamente inconsueta.
Un mondo lontano, nuovo, maestosamente malinconico, una città già immensa, fatta di contrasti tra il lusso straordinario del palazzo del Sultano e le strette stradine in cui alloggia il popolo, che di quell'invisibile Sultano vive in devota adorazione. Una terra ed una cultura sconfinata che comincia a scricchiolare sotto l'urto dell'innovazione portata da Occidente, da quei veneziani infedeli che anzichè restarsene a casa propria hanno il viziaccio di viaggiare verso Oriente, portando con sè pericolose deformazioni artistiche, accendendo contrasti che infiammano il dibattito artistico.
Un popolo vivo e vibrante, che si affolla nei mercati intrisi di odori e si disperde tra le viuzze umide, dove le donne scivolano via silenziose avvolte nei loro mantelli, e gli uccelli invisibili cantano fra i rami.
Un viaggio strano, distorto, in una storia dal sapore di sangue, amara, cupa eppure affascinante.
Lontana, questo è certo, dalle rotte conosciute.

UN ASSAGGIO:

"Non mi lamento del fatto che i denti mi siano caduti come ceci nella bocca piena di sangue, nè che il mio volto sia talmente fracassato da essere irriconoscibile, nè di essere rimasto schiacciato in fondo a un pozzo, mi lamento perchè mi credono ancora vivo. Sapere che chi mi vuole bene pensa continuamente a me immaginando che stia perdendo tempo in stupidaggini in qualche angolo di Istanbul, oppure che sia andato dietro a una donna, aumenta il dolore della mia anima inquieta. Basta! Trovate il mio cadavere, seppellitemi e fatemi un funerale con tutte le necessarie preghiere rituali! Ma soprattutto che venga scoperto il mio assassino! Sappiate che finchè non si scopre quel vigliacco, anche se sepolto nella più bella delle tombe, io attenderò girandomi inquieto per la tomba e insinuerò in tutti voi la miscredenza. Trovate quel figlio di puttana del mio assassino e io vi racconterò tutto quello che vedrò nell'aldilà!"

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